Cerca nel blog

venerdì 15 ottobre 2010

parchè, firiato, attilio e franco.

ci sono momenti in cui capisco di essere in crisi.
uno di quelli è quando mi scopro catatonica a fissare le striscette del parchè.
scritto proprio così. il parchè, o se vuoi, il parchèt.
mi è capitato proprio ora.
eppure sono sempre davanti alla gigascrivania.
sarà che non mi curo di questi dettagli, che continuo a fissare le listarelle (come si chiamano? listoni non sono) a spina di pesce, senza occhio critico.
i miei idoli, ne sono certa, guarderebbero con tutt'altra attenzione.
diciamo che io vedo e loro guarderebbero.
le donne mitiche, le casalinghe, si accorgerebbero di tutto.
polvere, graffi, piccoli segni.
io niente. guardo con i neuroni in pausa pranzo. noto solo chiaro scuro marrone chiaro marroncino scuro maron, marone.
righe, righe fitte, righettine.
e mentre riporto alla luce questi nobili pensieri sul pavimento vengo interrotta da un suono che di colpo mi sembra intollerabile: la ventola dell'aria condizionata.
si perchè qui la regola è che se fa un pò freddo il consulente si conserva meglio. e produce più a lungo.
come dargli torto.
sarà per quello che invece di un professionista qui si ritrovano la copia brutta dello yeti.
mi mancano le racchette ai piedi e il cane da slitta poi posso girare tranquillamente il video di bijork al polo sud.
ho persino i capillari rotti sulle guance, tanto per dirne una.
Eppure davvero, due pattine la mattina, e secondo me ci si sente già meglio.
poi se faccio sport il freddo lo sento di meno.
adesso, dico io, proprio oggi che è venerdì, ti pare che il cervello mi inciampa?
sulle righettine del parchè, pensieri di legno (ho un vuoto, come si chiama il lucidante per le scrivanie che profuma tantissimo di cera pulita?) (santa casalinga, aiutami tu).
scrivo parchè perchè ieri ero in aereo e mi sono resa conto che sono una snob. c'erano due accanto a me.
quando si sono seduti erano due estranei. alla fine del viaggio: gianni e pinotto.
Hanno parlato ininterrottamente (uno sull'altro) per 1 ora e 3 minuti (fino all'hostess che gli ha detto gentile "a presto" sul portellone).
era bellissimo. "è da 'n par d'anni che me so nteso de vino, e debbo dì (debbo è lo sforzo di convergere all'italiano) che sitte posso dà n consijo devi provà firiato." "ma dai, davero? bono? ma l'ho sentito nominà, eh! (bugia). "guarda è de na donna bellissima ma davero è n vino bello bello, magari costicchia ma non se lascia parlà dietro" "grazie mille, oh, simme dici che è bono me fido, me pare che te sei appassionato, no?" "si, so n par d'anni che me diverto. però sitte devo dì sò tanto legato anche ai vini semplici de na vorta. nun c'è gniente da fà. n par de bicchieri de ronco a cena numme li leva nisuno" "e daje, davero. io per esempio sò nnato a trovà na cantina daee parti de frascati che mò sta a annà forte" "ma che me stai a dì aa casa der sole? e come no! l'amministratore è n'amico!"

e giù di lì. se fossi arrivata a metà viaggio non avrei scoperto che:
1) ronco lo bevono sul serio, quello nel tetrapac e a quanto pare non deve essere neanche malaccio
2) i due erano estranei. a metà conversazione sembravano cugini.
3) il desiderio di identità con l'altro li aveva resi due cloni. e in piena sintonia.
Della serie "comunque.... nun te crede..... (sguardino paraculo) e l'altro "e che no? oo sò... oo sò". oggetto del pezzo di dialogo? boh. io non lo so, l'altro neanche. ma lo sguardino ha fatto la differenza.
i due si concimavano a furia di "non esistono più mezze stagioni ma siccome semo paraculi noi c'avemo r  giacchetto 4 staggioni".

la bellezza è stata la fine del viaggio.
"ahò, semo già arivati" "ammazza, è volata propio" "comunque sò attilio" "franco"
"è stato n piacere, eh" "tanto piacere mio".

E QUINDI SAPETE CHE C'E'? detto alla romana, me sò piaciuti tarmente tanto loro rispetto a quei quattro carciofi manager che manco se guardano nell'occhi... che w firiato, w frascati, w il vino ronco, w il parchè e w attilio co franco.

Nessun commento:

Posta un commento

dimmi che ne pensi!