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mercoledì 20 ottobre 2010

come vincere virus e battaglia

Oggi sono malata.
Malatissima. Da cosa l’ho capito? Ho i piedi freddi.
Ridete pure. Ma mica è da sottovalutare. Tutte le più gravi malattie all’inizio vengono prese sotto gamba. E i piedi freddi non sono affatto un bel sintomo.
E i brividini? millepiedi che mi scorrono tipo freccia rossa (senza stop a firenze e bologna) dalla testa alle caviglie (ho detto che i piedi sono freddi, forse ormai anche estranei alle sensazioni del resto del corpo).
Quindi quando mi sono svegliata sono rimasta nel letto. Ho fatto finta che la sveglia non suonasse, ho rischiacciato il tastino del cell che tra le righe ti chiede “ti rirompo i coglioni tra 10 minuti, ok?”
E mi sono girata su me stessa. Per vedere se le funzioni vitali c’erano tutte. A parte i piedi ghiacciati anche il naso era freddo. E le orecchie. La carica dei 101 mi fa una pippa. (questa è finezza comprensibile solo per chi ha memoria o bambini… uno dei 99 cammina nella neve e ha freddo…).
Dopo vari tentennamenti, tentativi di tosse (non ce l’ho ma si deve provare, per essere sicuri che non basti un “la” per scatenare una broncopolmonite), stiracchiamenti vari e autopalpazione del seno decido di alzarmi.
Ma siccome sono malata non mi alzo come al solito, fulminea. Mi rotolo con cautela sul fianco, testa ciondoloni, acchiappo la carne in eccesso alla base delle ginocchia, trascino le rotule fuori dal materasso, con delicatezza sistemo i geloni (ndr. I piedi ormai per me da amputare) sul freddo simil parchè (sì, perché a casa, essendo in affitto, non ho investito. Sembra parchè ma è linoleum, fantastico. Molto fine anni 70, cioè quando le case le facevano con il gusto di merda).
Poi spintarella, botta di reni, spinta in avanti, aggrappamento alla ringhiera (dormo in soppalco, come le 15enni quando i genitori per farle sentire grandi gli cambiano la stanza e gli mettono il letto a una piazza e mezzo nel soppalco), e poi una mano sulle reni e una che teneramente afferra i capelli per raddrizzare la testa che sino ad allora era rimasta ciondoloni.
Quando si sta davvero male, e comunque per darne contezza a chi si dovrebbe preoccupare per te, una tecnica che funziona e che suggerisco è il filo di bava. Con la testa ciondoloni poi viene perfetto. Nessuno avrà mai il coraggio di dirtelo, ma subito pensano: “porella ma allora sta davvero male…”.
Poi, da malata, tutto diventa difficile. Anche scendere le scale del soppalco. Quando si è malati, a prescindere se ci sono spettatori, ci sono delle regole da seguire.
Innanzitutto bisogna lasciarsi andare. Il corpo è fuori controllo, è impegnatissimo a combattere il virus, quindi non si devono imporre regole che distraggano la battaglia in corso.
Scappa puzzetta? Si fa! Senza remore, di fronte a te stesso od altri.
E’ come se in battaglia parte dei soldati sono richiamati per chiudere il portone del castello perché c’è vento! Che il vento faccia come vuole, entri, esca, scuota, irrompa. La battaglia è più importante.
La discesa dalle scale deve essere particolarmente sofferta. Il freddo attanaglia, ma prima di tutto, anche a costo di doverle risalire, bisogna aiutare l’organismo nella lotta.
Quindi, a prescindere dagli stimoli, quando ci si sveglia malati come me questa mattina si deve orinare e fare numero 2 (così la chiamano, in america, la pupù) (manco fosse un’onta. Voglio dire, la fanno tutti, perché vergognarsi).
Nel mio caso questa mattina ho chiuso un occhio. Anche perché c’è tutto un calcolo di opportunità.
Visto che numero 2 non voleva saperne ho fatto pipì e valutato che la posizione non avrebbe affatto favorito la circolazione già scarsa nelle gambe. Quindi ho deciso che avrei cambiato strategia.
Date certe condizioni è lecito prendere altre strade.
Quindi la visita allo specchio. Lingua, frenulo, tonsille con paletta (non avendone a disposizione consiglio la lima per le unghie). Tastata di occhi (semplicemente schiacciare i bulbi fino a vedere delle figure nello sfondo nero) ghiandole sotto al mento, tutte, prima a destra poi a sinistra, dita nelle orecchie (è normale provare dolore, ma è proprio quello che stiamo cercando, no? Dove si annida il nemico). Schicchera sul pomo di eva (noi quello di adamo non lo abbiamo), ascelle e inguine. Tutti i punti dove ci stanno le basi militari (I linfonodi, no?) (voglio credere che queste siano informazioni di pubblico dominio, spero).
Una volta controllata la situazione (se le condizioni lo permettono suggerisco anche autoscatto con cellulare dell’incarnato da inviare a parenti ed amici per un ricordo poche ore prima dovessero insorgere complicanze), bisogna immediatamente agire sul look.
Una malata, infreddolita e debole, non può e non deve restare in pigiamino. Perché la debolezza porta alle classiche disattenzioni da chiappa semi scoperta dopo il vater, e perché il piede gelone deve assolutamente scaldarsi.
SI sa che i piedi freddi sono davvero un brutto auspicio.
Quindi, con più flemma (dopo aver evacuato i liquidi si è ancora più deboli) si riprendono le scale.
In caso di spettatori, per meglio rappresentare lo stato di malessere è opportuno lasciarsi cadere al primo gradino e salire a quattro zampe. I primi tempi proveranno ad aiutarvi. Bisogna sibilare “nnn..nnn…nnnoooo gggrrr….gggrrrraa…zzz zzziiieeee….cceee llaaa faaaccc…faccc..ccciooo”.
Direi qui fondamentale e in possibile aumento il filo di bava.
D’altronde si sa, quando si sta male nessuno è lì per giudicarti.
Fronte armadio. Il più classico dei consigli è prepararsi per affrontare una vera e propria battaglia contro un nemico insidioso e con mille risorse.
La vestizione è rigorosamente a cipolla.
Si parte con mutandone di cotone bianco. Deve essere grande. Consiglio (ed è inutile sorridere perché di esperienza ne ho) a prescindere se siete maschietti o femminucce di far aderire un assorbente esterno di quelli old style, (quelli grossi da notte) (se siete maschi e non li avete chiedete e vi sarà dato). Alle volte un semplice raffreddamento può far calare l’attenzione sul basso ventre e magari mentre vi soffiate il naso basta un niente che …zac!).
Se dovete giudicare mi fermo. Io lo dico solo per voi, in fondo sto solo condividendo le mie tecniche, tra l’altro sempre state vincenti.
Allora continuo.
Mutandone, assorbente…canotta. Se avete la liabel è perfetto. In caso contrario sconsiglio la canotta di lana. Quindi purtroppo una brutta notizia. Per equiparare la liabel dovete metterne tre. due di cotone, e una di lana. Poi fate come vi pare, ma io stamattina ho fatto così.
Ho messo i gambaletti graduati (aiutano la circolazione), ma per i piedi vale il contrario della liabel. Prima i calzettoni pesanti di lana (se li avete da sciatori, meglio. Io li ho.) POI il gambaletto graduato. Il trucco è lì. Devono spurgare, riattivarsi. Quando avrò finito di condividere con voi le basi di un abbigliamento congruo alla malattia vi darò anche qualche dritta in più.
Di solito, visto che il anche il look vuole la sua parte (ci ho sempre tenuto ad apparire carina e non è certo un banale malanno che mi allontanerà dal glamour) di solito per vezzo sul gambaletto indosso anche i calzinini da tennista con pon pon dietro. Oggi però la condizione non lo permette. I piedi sono davvero molto preoccupanti quindi dovrò passare alle maniere forti, poi vi dico.
Per le gambe è importante che almeno una parte resti all’aria. Quindi ho indossato un paio di pantaloni alla zuava. Li ho dall’infanzia ma sapevo benissimo che buttarli sarebbe stato un grave errore. E’ importante prendere aria perché da lì scenderà il sudore. Tra l’altro sono a vita molto alta quindi ottimi per le reni.
Sulle tre canotte questa mattina ho messo un paio di magliette a maniche lunghe, una camicia di seta un maglioncino di angora (sempre per il look e poi è così morbido) e il giacchino di renna.
Ovviamente la cosa migliore è mettere un passamontagna calato sul collo. Se la febbre sale non si dovrà rovistare ovunque, è già lì pronto per l’uso. Stamattina ho deciso di farne a meno. Comunque siccome non voglio farmi cogliere impreparata per le prime ore ho messo il colbacco di procione (me l’hanno regalato quando ho contribuito alla ristampa del manuale delle giovani marmotte e neanche immaginavano quanto mi sarebbe stato utile).
Finalmente mi sento un po’ più a mio agio.
Mancano giusto i dettagli.
Adesso se si è da soli si scende con molta molta lentezza.
Se ci sono parenti ed amici è meglio, sempre per condividere senza lasciare dubbi sullo stato di malattia, sdraiarsi sulle scale e rantolare giù. Tanto con tutti i vestiti non vi fate neanche male.
Io oggi ero sola quindi sono scesa con filo di bava.
Ho messo due o tre scottex sul petto, mi sono coricata sul divano con una bella coperta e mi sono presa 4 tachipirine.
Ovviamente ho iniziato a sudare. Ma i piedi niente. Freddi come il ghiaccio.
Ma le battaglie si vincono con la pazienza e l’astuzia. Col passo del giaguaro (e lasciando evidenti tracce di bava e sudore (quest’ultimo come vi ho detto – e poi mi danno dell’esagerata – sgorgava proprio dalla fine del panta a zuava prima del set calzini) e sono andata nel sottoscala.
Ogni anno commetto lo stesso errore. Metto via la roba della montagna.
Inguaribile romantica che crede di non ammalarsi più… Trovati e messi ai piedi.
Ora voglio vedere se con i moon boots i piedi restano freddi.

Tra la vestizione, la sudata, il saliscendi le scale qualcosina si è smossa. Provo a soffiarmi il naso ogni 4 minuti. Tossisco ogni 10. tutto perfetto.
Mi misuro la febbre, la pressione e per scrupolo anche la glicemia (me l’hanno giurato, i medici, che non sono diabetica ma vai a sapere).
Di febbre ancora nulla. Ma è un classico. E’ proprio così che si resta fregati. Tu sei convinto che il nemico è debole e invece te se magna piano piano.
Quindi monitorizzo tutto. Febbre e pressione ogni 16 minuti, intervallati dai 10 minuti che ci mettono i termometri. NO, cari. Non uno. Di termometri se ne dovrebbero sempre mettere tre. Uno sotto l’ascella, uno in bocca e uno dove si fa numero 2. E’ inutile che vi dica che è melius abundare quam deficiere.
Poi pausa di 10 minuti per glicemia e pressione, e di nuovo riparto con i termometri.
Diciamo che così facendo hai un controllo totale sulle funzioni vitali.
In effetti manca ancora qualcosa.
Non mi prendete come eccessivamente pierina, ma se numero 2 non si è sbloccato il processo di guarigione rallenta in modo esponenziale. Quindi per pranzo thè amaro con limone e parmigiano (antico rimedio della nonna contro la dissenteria e il vomito) e un intero pacchetto di halls mentolyptus forte. Sbloccano le vie respiratorie. Metto a bollire i semi di lino (per gli impacchi sul petto) (di solito per non restare bloccata in posizione supina infilo in un sacchetto di cotone, poi in una busta e poi con lo scotch attacco al petto nudo e ricopro. Ovviamente se ci sono ospiti tendo a fare due sacchetti e li appiccico ad altezza tette, così esalto le forme).vics vaporub su mento fronte e sotto narici, due purghe naturali ed attendo l’evacuazione.
Devo dire che per le quattro ero quasi distrutta.
Ho vinto tutte le battaglie. Anche i piedi si sono arresi. Quando ho tolto i moon boots ho visto che il rimedio funziona. Tra i calzini e i doposci se non vi basta uno dei rimedi più classici è la busta della gs. Però come strategia la suggerisco alle prime avvisaglie di febbre.
Sono le sei. Mi sento molto provata. Ma so perfettamente che ho vinto la battaglia. Lo sento. Il nemico ha capito contro chi si andava a scornare.
Quindi adesso non mi resta che riposare un po’. Una mezzora.
Poi come alla fine di ogni battaglia si festeggia. E anche se si è esausti bisogna alzare i calici.
Quindi adesso vi lascio che devo raggiungere le amiche in birreria.
Non mi cambio. Mica mi vergogno. Non bisogna sentirsi a disagio, se ho le armi per sconfiggere le battaglie lo devono sapere tutti.
A domani.

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