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mercoledì 21 settembre 2011

cenerentola vai a cagare

pensavo di non riuscire più a scrivere.
Invece per miracolo, e sempre come autore e non come gestore del blog, sono riuscita a buttare giù due righe.
Anche perchè una tristezza infinita chiudere cubois con la morte della cantante.
Quindi chiudo con una protesta. Bella e buona. E' tutta colpa delle favole.
Se io non sono contenta è colpa di quelle stronze di cenerentola, biancaneve, la bella addormentata del bosco. E' colpa di rapunzel, della sirenetta e della bella e la bestia. colpa di minni e topolino, di diabolik, e cappuccetto rosso.
Insomma io quando mai avrò dei figli prima di andare a letto sfoglierò il giornale. e gli farò vedere la verità. No che ci intortano fino ai 14 anni di cazzate. Penso solo a candy candy che alla fine sta con quel figo di terence e anthony se la contende pure. Una ragazzina sfigatissima, orfana e senzatetto. che però è bella e spiritosa, ha tutti amici ricchi e va pure a scuola privata.
E cenerentola? intanto te la dipingono come una strafiga. non poteva essere un metro e sei con i bozzi di cellulite. no. era bella e bionda e magra. Le sorellastre invece due cessi. te pareva. già la fata turchina sarebbe sufficiente a smettere di leggere. ma poi c'è il ballo, lei che si perde la scarpa e il principe che la cerca!!! scusate ma vi rendete conto? non solo vive in un posto dove 38 lo porta solo lei (no perchè la scarpa è sempra andata a numeri, quindi devo pensare che c'è un mondo di piedini e piedoni e poi c'è il piede di cenerentola) vabbè ma anche volendo sorvolare. UNo esce di casa con una rimorchiata la stessa sera. per di più bello, ambito e principe. quella prende e scappa e non lascia manco un numero di cellulare. Se ne va correndo a gambe levate. E' goffa e si perde pure la scarpa. Lui che fa? la cerca per il regno intero. Poi quando la trova, praticamente al secondo appuntamento, la sposa.
Cazzo poi dici che ti rode. Cresci pensando che ti sposi dopo il primo appuntamento, basta essere goffi. poi che se sei un poveraccio sei bello e quelli ricchi (principe escluso) sono dei cessi. e invece ti accorgi cazzarola che quelle col suv si fanno le punturine e fanno pilates e hanno il personal e tu invece hai la cellulite. Il principe non esiste e comunque anche uno che lavora alle poste se ti perdi la ciabatta pensa solo che sei una poraccia goffa sfigata e comunque non ti segue manco giù per le scale.
insomma per ora mi basta cenerentola per farmi venire un fegato grosso come la capanna dello zio tom.
Scusate ma allora altro che l'azienda. io mi butto a lavare i pavimenti dopo la tinta bionda. poi a quel punto dovrei incontrare una pazza vestita con le ali e i capelli blu che mi convince che una zucca è una carrozza e vado a una festa e incontro uno vestito da soggetto che tutte lo vogliono, balliamo insieme poi scappo inciampo perdo la scarpa di vetro (oribile) lui mi cerca per tutta roma poi mi trova e mi sposa.
ma vattelaapijànsaccoccia.
va.

martedì 26 luglio 2011

Amy

Una nota triste. Stasera la mia cena è stata vino freddo e sigarette. Amy Winehouse si è rovinata la vita eppure era una su mille ce la fa. Un gran peccato. Ho sperato rinsavisse. Un gran peccato. Ciao ciao, fattona triste. La tua musica resta, potevi accompagnarci anche tu. Un pò mi rode, m'a ognuno di noi è fautore del proprio destino. Comunque credo che lissù ti capiranno un pò di più.

Quando tutto è diffizile

Non è un errore. È proprio tutto diffizile con la zeta. Non posso più gestire questo blog perchè mi è presa una strana forma di demenza precoce che mi fa dimentica le pasuord, come si dice. Non posso chiedere aiuto al forum perchè sono troppo generica. Cazzo un taccuino mi si addice di più. Posso solo scrivere, per cui se qualcuno, passando di qua, riesce a darmi una dritta... Prometto un mezzo busto di carta pesta e lo piazzerei accanto al buon Giordano bruno, a romam a piazza campo de fiori. Ci vado a prendere l'aperitivo e mi sembra un posto magico, Sara che ci metto un bel Po per parcheggiare m'a il vino ha tutto il sapore di una Roma romantica.
Comunque per quei pochi che ogni tanto fanno un salto su cubois non mi resta altro che annunciarvi la nascita di un nuovo blog. Ancora non so come lo chiamerò. Forse denens in senis di una donna che crede di essere ancora una ragazzina. M'a il tenore non cambierà. Ah poi dovrete spiegarmi perchè quando digito ma esce m'a.misteri del controllo del cacchio automatico. Manco fossi straniera.
Boh.
Intanto vi saluto e mi prendo qualcosa tipo vitamine o del pesce per la memoria. Provo ogni giorno username e password diverse. Non c' è verso. Iolanda è sparita nel nulla, e io raccolgo le briciole.
Un abbraccio, rima.

venerdì 15 luglio 2011

NON E' VERO

Non è vero che sono così demente.
Non è vero.
No, no, no, no.
Non può essere.
Accedo oggi dopo tanti giorni di silenzio. in realtà ero a farmi un giretto in lavatrice e centrifuga.
Giorni proprio semplici semplici semplici. Da alopecia, per intenderci.
E visto che sbattevo come se fossi dentro al rotor ho notato che la cellulite ha fatto come cacchio voleva e me la ritrovo sparsa ovunque. Ne ho un grumo anche sotto l'occhio sinisto. Fa molto borsa di coccodrillo.
voi non sapete cosa ho fatto.
NOn ve lo posso dire perchè mi vergogno.
mi sono fatta aiutare da mia sorella a gestire il blog. e sbagliando le ho dato privilegi da amministratore.
ora sono solo autore. che scritto mi lusinga, fosse vero nella realtà, caspita.
invece è un dramma. vi dico solo che non posso più fare nulla oltre che scrivere. non posso neanche mettere una di quelle mie fantastiche foto, frutto di ricerche su internet.
Quelle immagini di gran classe. non posso sapere il trend del mio blog. ho un calo di accessi che fa paura. di chili non se ne perde uno. ma di accessi manco a dirlo.
insomma sono una sfigata. Iolanda è una totale rincoglionita. e io peggio di lei, visto che ero lì con lei ad aprire l'account.
Mi ricordo solo la password. ma non c'è niente da fare. non ci ricordiamo lo iuserneim.

comunque non demordo. se proprio mi dice male copio tutto e lo rifaccio.
visto che non ho proprio niente da fare, quando la centrifuga fa pausa mi metto a fare copia e incolla.

e ora provo.....






DOVE NON ARRIVA LA MEMORIA ARRIVA L'INGEGNO.
UN abbraccio,
tina

lunedì 4 luglio 2011

vorrei...ahsevorrei.

Una vasca da bagno piena di nutella

Un bignè caldo carico di crema pasticcera fatta in casa che ti esplode in bocca ma non ingrassa

Volare

Un bicchiere di riesling ghiacciato mentre sto sdraiata su un letto all’aperto appoggiata a mille cuscinoni morbidi all’ombra di un albero fresco mentre il sole infuoca l’orizzonte

Le big babol tre alla volta

Un contratto di tre anni per mettere a disposizione qualunque parte di me (eccetto quelle che sono tabù) per una pubblicità dove neanche mi si riconosce ma mi danno un fracco di soldi

Una crema antirughe vera che liscia ma non toglie la mimica effetto botox

Un libro che dalla prima pagina mi acchiappa e non riesco più a fermarmi e leggo leggo leggo…

Un win for life vincente, magari… 4000 euri al mese per 20 anni.

Un massaggiatore personale che mi fa anche il solletico leggero a richiesta e che ha fatto il corso di massaggi in giro per il mondo e ti rilassa mentre la cellulite si secca come cacca al sole.

Un buono da 50 mila euro distribuito equo tra jeans scarpe e cappotti

Svegliarmi la mattina e scoprire che mi è venuta un’allergia per cui mi si sono gonfiate a dismisura le tette e dimagrito a dismisura il resto del corpo senza via di guarigione

Giocare a capoeira e fare i salti mortali senza farmi male

Scoprire di essere una ballerina del bolshoi e ritrovarmi a fare la morte del cigno

Avere un’ipertricosi mirata solo ai capelli e svegliarmi la chioma folta liscia e setosa, lunga fino al culo

Giocare sui tappeti elastici

Colorare con le mani

Mangiare solo con le mani qualsiasi cosa e poi leccare il piatto ben benino

Scoprire che la pizza il vino il mojito la birra e i baiocchi fanno dimagrire

Scoprire che se mangio senza olio ingrasso subito 10 chili

Stare a mollo in acqua a Formentera per un mese e mezzo

Prendermi un anno sabbatico, scrivere il mio primo romanzo, mandare il manoscritto a metà viaggio, tornare e scoprire che mi vendono da Feltrinelli…

Dormire ogni volta che ho sonno

Il teletrasporto, l’orecchio bionico, essere invisibile.

1 ora, e solo un’ora, in mezzo ad una strada, nella folla, con la capacità di leggere nel pensiero. (dico nella folla di sconosciuti perché non vorrei mai avere questo potere davanti a chi amo. Pensa se pensano male. Poi mi tocca pure soffrire, per carità)

avere una casa con una finestra che affaccia sul mare. Dove prendermi un aperitivo mentre il sole tramonta, mangiando focaccia ligure

dei piedi nuovi e più aggraziati

suonare il pianoforte, o il violino o la viola.

Ballare ballare ballare.

Non avere mai né dubbi né paura (cazzarola, ma quella luce bianca a flash mentre passavo col rosso sull’autostrada sarà mica stato un autovelox?.... ho paura di sì….)

Mangiare i calamari fritti ma freschi

L’impepata di cozze

Entrare da fendi e uscire con una borsa che non mi posso permettere. (ma perché ho vinto a win for life, no???)

Scoprire che fumare fa davvero bene alla salute.

Andare in india e viaggiar mela tutta senza prendermi la dissenteria

Nuotare a delfino senza fare fatica e senza sembrare un ippopotamo che affoga

Essere scambiata per angelina jolie

Saper fare le divisioni a due cifre e le radici quadrate.

Sapere qualcosa di storia e/o di geografia. Anche cose basic, che ne so. I capoluoghi di provincia del molise…

Le friselle col pomodoro e i capperi

Pane burro e sale

Saper andare sul surf senza avere paura delle onde degli squali delle alghe delle rocce dell’acqua nel naso nell’orecchio e nel sedere

Starnutire per un quarto d’ora senza sosta.

Il teletrasporto tra casa e lavoro (soprattutto ora che ho un sonno bestiale e zero voglia di attraversare la città)

Buona serata!

martedì 28 giugno 2011

Vamosalaplaia

Siamo stati tutto un inverno ad aspettare questo momento.

Io che sono notoriamente freddolosissima mi sono accorta che stava arrivando l’estate quando al ristorante, con il viso un po’ rosso e in preda a vampate, mi sono resa conto di essere l’unica tra tutti gli avventori ad avere jeans, stivali maglietta a maniche lunghe e poncho di lana. Gli altri erano in tshirt.

Mi sono accorta che l’estate stava arrivando quando ho sognato di stare in un forno crematorio, e invece stavo soffocando nel mio sudore sotto al piumone invernale, una settimana fa.

Ma oggi è stato ancora più lampante. Ero in puledra, sfrecciavo felice con la musichina nelle orecchie (si perché forse non ve ne siete accorti ma il blecberri nuovo ha anche una simil funzione aipod che io stimo tantissimo) e canticchiavo super trouper degli ABBA e varie di Pavarotti che di solito canto a squarciagola…e sentivo molto caldo. Molto caldo. Caldissimo. Eppure stamattina mi sono persino lavata. E poi invece di mettere la maglia a maniche lunghe ho deciso di girare in canottiera (almeno fino all’entrata dell’azienda).

E poi ho pensato che piovesse. In realtà stavo sudando. Mi sudava tutto. La faccia le braccia i piedi e il sedere. Le ascelle non ve lo dico.

Quindi mi sono messa nella triste condizione della burina in motorino: pantaloni appena tirati su, panza scoperta e soprattutto braccia allargate. Per prendere aria un po’ ovunque. Il bello è che oggi in preda da grande autostima da effetto bilancia non vendicativa (Sono dimagrita 2 kg e 8 grammi dopo 27 giorni di dieta, un vero successo) avevo deciso di essere un po’ vamps. Quindi pantaloni a palazzo neri, canottiera di seta secsi, occhiale da porno segretaria verdi con gli angoli all’insù e rossetto scianel rosso fuoco.

Insomma una scena inguardabile. Una porno segretaria vestita chic che guidava come quelli che portano il pane. Li avete mai visti? Esistono in ogni luogo. Sono vestiti improbabili e sopra hanno una sorta di camice, di solito hanno motorini osceni e rumorosi, delle volte anche a tre ruote ma non come quelli di nuova generazione che ti imbastiscono che a guidarlo sei un fico (per me sono osceni punto, altro che rotaie e sicurezza) e davanti (o dietro) hanno montato un cestinone di plastica rettangolare ingombrante carico di buste con il pane. E di solito viaggiano alla velocità della luce, svicolano come pazzi e guidano con i gomiti in alto. Con le braccia come se stessero abbracciando un obeso. Ecco io oggi ero proprio così.

E quando sono arrivata mi sono strappata la pelle delle chiappe tanto erano incollate alla sella. Poi con i panta acrilicissimi non entro nel dettaglio. Ti siedi e ti ustioni (sella rovente e panta sintetico fanno effetto piastra dei capelli sulla fronte, io l’ho provata, credetemi è uguale) poi arrivi e alzandoti la parte ustionata rimane appiccicata al pantalone che nel frattempo è diventato una sorta di calza di lycra.

Mi avvicino al portone dell’azienda. Ho la borsa pesante, la fronte con evidenti segni di impiastriccio (trucco, casco, caldo e sudore) i pantaloni appiccicati al culo e la chiazza sulla maglietta altezza rotoli ombelicali.

Cerco il badge, il cui laccio si è intrecciato con tutto quello che ho nella borsa. Mi cade tutto, urlo nella bottiglia una parolaccia (da stappare stasera quando la bottiglia sarà piena) entro e zac.

Un vento polare. Una roba da assiderazione, effetto ipotermia istantanea. I capelli mi si brinano. La goccetta di sudore sulla tempia diventa una sorta di decorazione swarosky di ghiaccio. Mi metto la giacchina che dopo il tragitto ha l’effetto ciancicato (ma va anche di moda, tanto. Quindi non mi preoccupo). I capelli, arruffati e umidi dal caldo ritornano da giapponese. Almeno questo. Il mascara mi si fissa (con l’effetto panda). Corro all’ascensore per evitare i geloni sul naso. Lì riprendo a sudare modello disfunzione endocrinologa e quando arrivo al mio piano sono esausta.

Finalmente è arrivata, l’estate che ho aspettato per mesi. Che meraviglia. Adesso ho un altro ottimo motivo per dire che DOVREI STARE SOLO IN SPIAGGIA.

E’ LI’ CHE BISOGNA PASSARE LE GIORNATE.

Prima o poi scappo davvero.

Buona sudata a tutti.

giovedì 23 giugno 2011

numefàparlà....

due righe di corsa per dirvi che ho incontrato un uomo di potere, con forte accento di provincia (non dico dove, non dirò mai chi è, ma è da raccontare).
La situazione era da film. Sala affrescata, lui e i suoi tecnici di fiducia.
Io accompagnavo persone normali che dovevano parlare con lui per un progetto.
Lui è un personaggio definirei "dell'orrore"

"Dottore... anselmi luisa...molto piacere sà..."
"comodi, comodi, che dovemo da avè le idee chiare qui che sennò se rischia de faconfusione (quando scrivo attaccato è perchè nel sentirlo non c'è pausa, è tutta un'unica parola)
"intanto benvenuti e come dire... noi adesso semoquìpefà andàvanti lprogetto...
Nun che a noiscepiasce de toje gnienteanesuno, ma bisogna che ci organizziamo..."
"si dottore e noi qui stiamo..."
"allora lo sapete già comevolemo procede, no? oraintanto voi non avete niente formalmente, e noi siamo qui pemette le coseapposto"
"sissì"
"allora entro quindiscigiorni medovetefirmàrdocumento, che poi si sistema tutto, si sistema"
"eh si, che così ce sistemiamo anche i nostri fiji"
"numefasciaparlà che nun vorrei dì cose cheme stanno scomode, chesedovessi accontentàtutti qui sarebbe n problema..."
"nonnò dottò noi semo contenti..."
"perchè io l'idee sce l'ho...penzavo de mette na fontana cotutti i colori... e sce butto pure du sirenedebronzo, cemetto, che l'ho comprate e ci starebbero bene..."

adesso. io non ho capito nè quello che diceva nè perchè lo diceva. io ero lì con dei numeri in mano, e la signora da tutelare. Lui aveva un sorriso durbans e parlava di sirenedebronzo e di cose che era meglio non dicesse (secondo me non sapeva neanche cosa dire).

Sono uscita dalla riunione con la colite, e ho capito che siamo in mano ad un manipolo di inetti narcisi e incompetenti.

ma vi giuro che ste sirenedebronzo le vorrei tanto vedere. devono essere il non plus ultra del kitsch.

venerdì 17 giugno 2011

Le Auai

Oggi sto pensando alle auai.
Perché ho dormito molto male. Ieri ero presissima dai cavoli degli altri, come al solito.
Partendo dal presupposto che l’ansia è una mia compagnetta , e che il mio stomaco oltre ad ospitare cibi di varia natura (in questi giorni bacche e radici visto che sto a dieta da bimbabiafra) ospita anche il seme del male, che è un morso stretto che mi fa salire il diaframma e mi toglie un po’ il fiato, mantenendomi in uno stato di costante apnea con pensieri apocalittici al seguito, mi rendo conto che tutto questo non so bene come gestirlo.
Si perché quando sei un tipo ansioso e il tuo lavoro è quello di risolvere i problemi degli altri, tanti altri, le cose si complicano tantissimo.
Ognuno di noi crede che i propri problemi siano i più importanti. Legittimo. Se poi c’è una povera crista che te li deve risolvere è proprio finita.
“pronto, dottorè, a che punto siamo?” “allo stesso identico punto di un’ora fa, quando mi ha chiamata” “no perché volevo accertamme che sta a annà avanti…” “si, sto facendo i conteggi ma mi lasci il tempo di finire. Come ho avuto modo di dirle le farò pervenire il documento non appena ho terminato” “si però dottorè, me riccomanno, che questa è na cosa mportante, perché qui ce vojono fregà”.
E così si lavora in urgenza, sempre. E stanotte ho dormito male perché mi sono venuti i dubbi. I dubbi di aver tralasciato qualcosa, di aver sbagliato.
Non ho manie di onnipotenza, non voglio avere la vita delle persone tra le mani. Non voglio caricarmi di tutti i loro problemi. Perché si affastellano sui miei, e diventano una montagna insormontabile da scalare.
E così mi sogno le auai. O le figi. O i caraibi. E mi sogno di scappare. Un bel biglietto sola andata. Uno zaino in spalla, o anche meglio un bel trolley perché è vero che quando si sogna di scappare c’è sempre la tendenza a farlo low profile, con lo zainetto e vestita casual, ma è una banalità. Perché si può anche scappare vestita in modo decente e con una samsonite. No?
E poi cosa farò? Ma che ne so. Faccio quello che capita. Intanto mi bevo una birra bella fredda.
Poi mi faccio un bagno. Poi magari scopro che cercano una cameriera al baretto.
E poi se ci penso altro che auai. Vado fino a lì a fare la sguattera mentre tutti si divertono e fanno il bagno. Allora cosa faccio?
Vado in spagna. Solo che il mio spagnolo è peggio dell’italiano per i pakistani.
Insomma solo a pensare come scappare mi riassale l’ansia.
Non c’è via di fuga. Forse dovrei provare le droghe. Leggere, per carità, ma anche quelle medie. Perché no. Oppure potrei mettermi a letto. O di punto in bianco perdere la parola, è una cosa che mi sogno da anni. Svegliarmi e decidere di non parlare più. Che magari non è l’auai ma mi da un senso di sollievo. Non potendo parlare esci dal mondo professionale. Puoi solo scrivere, che per me va benissimo.
Poi penso che per alleviare tutto questo smottamento di flussi celebrali dovrei farmi un bel massaggio. E mi ricordo di colpo di una telefonata di un anno e mezzo fa.
Era una richiesta di aiuto. Una persona in difficoltà con un centro estetico per alzare qualche soldino necessario aveva fatto una grande promozione e vista l’urgenza ho partecipato, accaparrandomi ben 10 massaggi per una cifra più che accettabile.
Ora frugo come una matta… dove sarà il biglietto? Sarà ancora valido? Chiamo con un imbarazzo terribile… scusi, sa… è che non ero neanche a dieta… mi sembrava anche inutile far faticare le persone su un corpicione…. Ora invece… non è che…. Davvero? Che belloooo!
Attacco e richiamo. Prendo appuntamento per domani alle 17:30.
Mi faranno un massaggio antistress…. Non saranno isole tropicali ma intanto provo a domare quella bestia nello stomaco. Poi magari se divento anche un po’ figa chi lo sa che non mi ci porta hugh efner, alle auai.

martedì 14 giugno 2011

Pauerbalans

Me lo sono comprato. Sì. E sapete quando? Due giorni prima che lanciassero sui giornali la notizia che è tutta una mega bufala.
Poi il bello è che ce lo siamo comprati entrambi, io e il fidanzo. E costa un sacco di soldi.
Ma lui ne ha tratto i benefici già da subito, appena indossato. Mi ha detto che si sente “un po’ meglio”. Lui l’ha preso nero, xl, io rosa, xs. Non so perché me l’hanno dato così stretto.
Ho la mano un po’ gonfia ma l’equilibrio va meravigliosamente bene.
Però a me l’effetto ologramma è svanito, nel senso che il famoso tondino che sembra di alluminio cangiante, come gli ologrammi, si è sbiadito. Mi sa che mi lavo troppo.
Adesso per evitare che se ne vada completamente mi lavo una volta a settimana (toglierlo no, poi se cado?). Tanto comunque con la circolazione bloccata anche lavarmi non è facile, visto che ormai saranno 3 mesi che lo porto e la mano è diventata un manone alla shrek.
Poi il fidanzo si è disamorato del pauerbalans e se l’è tolto. Ho approfittato subito e me lo sono messo io. Ora ho l’effetto arrosto. Uno a metà braccio che stringe un po’ e la manona.
Adesso ho un equilibrio non solo fisico, ma anche mentale.
Per esempio mando a fan---o le persone con un aplomb da modella caucasica (non so come si comporta ma a scriverlo ti da proprio l’idea che la modella, per di più caucasica, fa molto elegant) (ciao, sono del caucaso). Cioè sorrido e dentro dico la sfilza di parolacce.
Poi in sella riesco a stare al semaforo tenendo uno dei due piedi sulla pedana. Prima iniziavo a mettere giù entrambe le zampe quando stavo per frenare (che poi è tanto brutto da vedere).
E poi mi sento molto chic. Perché c’è gente che se lo continua a comprare anche dopo che hanno detto che è una bufala. Quindi è fantastico. Faccio parte degli inguaribili sognatori, gli idealisti.
Speriamo che inventino una cavigliera che ti fa salire la chiappa modello brasiliana. Me ne metto due o tre a caviglia.
Equilibrata e con un culo da urlo.

lunedì 13 giugno 2011

la vita in un rettangolo

Il mondo in un rettangolo.
E’ così.
Oggi è lunedì, e già lavare il viso mi pesa. Poi il tempo è così e così, e ho fame, visto che sto a dieta da una settimana. Quindi già le cose sono piuttosto complicate.
E’ tutto il weekend che cerco il computer, perché venerdì, scappando dall’azienda, avevo deciso di portarlo con me. Una bella scampagnata fuori porta, ho pensato. Non si sa mai decidessi di usarlo, o se ne creasse l’esigenza.
Quindi mi carico cavi e cavetti e acchiappo il bambinello. Che per carità fa molto fico, eh, però pesa sempre circa 3 kg e qualcosa. Aggiungici il caricatore, il topo (maus) (si, scritto così, vabbè?), la pennetta, i due fascicoli su cui eventualmente rischierei di lavorare. Tutto in borsa che è enorme, ovviamente. E poi ho anche l’aipadde. Così è leggero. Che poi sommato agli altri gadget sembro un rivenditore di euronix. Io, la borsa, la sacca delle cose inutili portate in ufficio nei mesi (sì perché ci hanno chiesto di eliminare ciò che rende l’ambiente meno asettico), il casco gigante da palle spaziali, il maglioncino e il cavo dell’auricolare tutti insieme ce ne andiamo verso casa in sella alla puledra. Che poi mi sono dimenticata di dirvi che è la morosa di furia cavallo del uest. Comunque. Quando arrivo a casa distratta mollo tutto in giro.
Per il resto del fine settimana cerco il computer inutilmente. L’avrò lasciato in ufficio, come faccio quando sono presa da mille cose da fare e mi scappa anche pipì ma non ho voglia di calar le braghe.
Quindi stamattina dopo aver litigato con la spazzola e aver scelto la tristezza di pietanza che mi allieterà solo i villi intestinali (fesa di tacchino al forno in busta col colore del culo di un albino) decido di prendere posizione: il pc è in ufficio, ora basta andare lì e tutto si risolve. Nel frattempo ho controllato un po’ tutta casa e il bagagliaio della macchina (anche se non la prendo da una settimana) (non si sa mai, mi sento demente senile quindi il check dell’assurdo ci sta tutto).
Arrivo in ufficio e scopro che del computer non c’è traccia. In realtà lo sapevo. Mentre ero in sella mi si materializza la visione di una sacca da mare bianca finto vimini di plasticone resistente enorme. E’ lì, il maledetto. E’ che di sacche ne avevo 3, tra borsa, sacca rossa del tour operator di un viaggio di mia madre in polinesia (beata lei) del 1988 con dentro le cose inutili (3 paia di scarpe, una sciarpa di lana, due ombrelli, un paio di guanti, una tisana per fare la cacca, una cuffietta rotta e un tapperware con dentro un blob non meglio identificato).
La sacca bianca mi era proprio passata di mente. Sarà che matchava bene con il bianco sporco della puledra. Per cui anche in casa, passandoci davanti, non l’ho degnata di uno sguardo. (Oddio forse uno sì, con il sopracciglio arricciato pensando: che gusti di pupù quella lì a regalarmi una roba così kitsch!).
Quindi arrivo in azienda, chiedo a chiunque di stampare documenti per ricostruire uno pseudo gemello di documento necessario ed entro in riunione.
Due ore di passione e poi scappo a votare. E mi carico così, tanto per fare, un paio di fascicoli in più. Ho deciso, timbro prima e lavoro da casa, non retribuita. Tanto senza pc in ufficio ci fai poco. Al seggio tra poco mi danno duecento lire e mi mandano via.
Nel mentre mi ricordo del dentista. Quindi vado anche lì. E bevo mezzo litro d’acqua. La pipì incombe. Arrivo a casa e mi apparecchio una signora postazione. Caffè, sigarette, acqua, fascicoli e sacca bianca. Mi metto a scrivere e così come d’incanto mi viene un pensiero.
Uno di quei pensieri insoliti come scoprire di avere un gemello omozigote cresciuto a buenos aires.
Non è che ho qualcosa da fare in ufficio oggi pomeriggio?
Certo che si.
Quindi ariprenderò la puledra, mi riattraverserò roma per la terza volta, e mi siederò lì, con l’aria condizionata a palla, facendo finta di essere una persona composta. Dentro ho un marasma di parolacce e gesti volgari.
Oddio adesso se ripenso al millennium bug mi sento male. Il mondo è chiuso in un rettangolino di plastica e metallo che deve girare necessariamente con te.
Pensa se si rompe.
E comunque dimenticarlo significa fare sport.
Come diceva mia nonna, mitica: chi non ha testa ha gambe.

martedì 31 maggio 2011

denti bianchi? Si grazie!

che male.
che fumo lo sanno anche i muri di casa, e soprattutto. lo sa la mamma, lo sa lady tremaine che fuma più di me. persino il babbo ha ricominciato a spipacchiare. lo sa la nonna che nella vita ha fumato almeno due tir di ms. lo sa il fidanzato che ha la tosse grassa perenne.
lo so io che mi sveglio con il grasso che occlude le vene sul collo e il toracino come un bimbo biafra ma coperto da un corpone bello spesso che riveste tutto di carne.
ma la cosa brutta è quando lo scopre il dentista. oggi sono andata a farmi la pulizia dei denti.
premetto che il mio dentista potrebbe serenamente fare quello che fa le autopsie. E' sempre incazzato, brontola e tratta più o meno di merda la ragazza aspirina (sarebbe quella che tiene in mano l'aspirabava). arriva in quella stanzetta dove sei sdraiata e già intovagliata e con il fazzolettino in mano che ti chiedi "perchè me l'ha dato? lo devo stringere quando mi fa male oppure serve a tappare i fiotti di sangue? come funziona?"
dicevo arriva e io sinceramente mi aspetto che ti lavi le mani davanti a me. che ne posso sapere se due secondi prima di entrare ti ha dato prurito un'orecchio dentro? o comunque dovevi sistemare la julipet? (si perchè julipet mica fa solo i pigiami, fa anche le mutande. quelle con l'elasticone con scritte tipo julipet uomo, uomo macho, julipet fashion anderueir.)
vabbè almeno stavolta si mette i guanti di lattice. e poi scusa se devi stare chinato vicino alla mia faccia ti potresti anche dare una spuntatina al pelo del naso. capisco che non te ne posso fare una colpa, se ce l'hai, ma adesso hanno pure inventato la pennetta tritapeli. l'ho vista sia da auchan che su quel canale osceno di mediaset che ti vende anche la nonna di berlusconi. quel canale dove c'è quella coatta americana che fa strane torsioni con aggeggi improbabili che solo a guardarla mi fa male il costato. e poi certo che non sogno di diventare come lei.
insomma vabbè. apro la bocca. non dico che mi devi fare l'anestesia totale ma comunque ci sono mille altri rimedi... una passatina di ovatta e morfina, che ne so. invece gli dai giù di coso rumoroso e sento del dolore vero. io che non reggo nulla. sarà la paura. boh. poi dici sciacqua e vedo del sanguino. ecco. ora sanguino. ci penso subito "se gli distruggo lo studio per una banale pulizia dei denti pensa se mi dovesse mai curare un ascesso? resisto".
Provo a sopportare il fastidio sotto sopra a destra e sinistra. poi finalmente mette via l'arnese rumoroso. penso "ha finito". no. prende una sorta di capitan uncino, e a mano prosegue. Neanche fossi un'anfora da restaurare trovata in fondo al mare, con le cozze attaccate... a questo punto lo odio.
sciacquo di nuovo. penso che forse sto morendo dissanguata.
arriviamo al punto che cedo, mi lascio andare. chiudo gli occhi e cerco di immaginare una pizza tonda ai quattro formaggi. sì perchè ogni volta mi fissa all'ora di pranzo, e io ho una fame bestia. poi non ho neanche resistito e prima della visita mi sono fatta fuori un kellogg al cioccolato e due tuc al gusto pizza. poi mi sono accorta che avevo dimenticato lo spazzolino quindi ho tentato di simulare una pulizia istantanea con il famoso fazzoletto e sciacquando tipo ossessa.
alla fine prende la famosa pastella. che mi ricordo quando ero piccola sapeva di menta, era buona. ora fa cagare, sa di acido e sabbia e piscio di trota salmonata.
e poi non deve entrare negli occhi altrimenti ti viene l'effetto allergia da polline e gatto e acaro in un momento. occhio gonfio che pizzica a bestia. quindi io sono lì, sdraiata, con gli occhi strizzati e la bocca spalancata e nel frattempo mi si schizzetta tutta la faccia di microgranelli di pastina per i denti.... sciacquo ancora. solo che approfitto e mi ci lavo pure la faccia, col colluttorio.
oh. ora ho i denti durbans. che gnocca.
solo che ora mi fa male tutto, come se mi avessero menato sulle gengive. quindi magari sorrido domani.
ps. andando via, sempre scuro in volto, mi fa "fuma, sà! ti avverto, se fumi ora il dente assorbe tutto, perchè è pulito. almeno aspetta un paio d'ore".
me ne vado moggia. mangiare no, fumare neanche.
a sto punto ritorno dritta in azienda e provo a buttare due sorrisi a destra e sinistra.
mi sa che loro non l'hanno fatta la pulizia. accennano a una sorta di smorfietta e proseguono dritti.

il tempo

il tempo di festeggiare il mio compleanno si avvicina.
le previsioni del tempo per il mio compleanno sono incerte.
il tempo per fare manicure e pedicure non esiste.
il tempo per finire di scrivere ed entrare in riunione è ora.
il tempo per fare progetti sul futuro non è nelle mie mani.
il tempo di sognare è finito.
il tempo di crescere è passato.
il tempo di invecchiare ce l'ho davanti allo specchio.
il tempo di alzarmi e mandare a cagare tutti secondo me è più vicino di quanto si possa immaginare.

oh.

venerdì 27 maggio 2011

pronto?

oggi stavo andando in azienda con la puledra. ho scoperto che il mio cellulare ha spazio per una manciata di canzoni. così ne ho caricata qualcuna e quando faccio il tragitto mi sparo un pò di musica a volume accettabile. e ogni volta faccio la stessa riflessione. io dovevo essere una ballerina. di quelle che fanno afro cubano, o latino. io dentro mi sento la maestra di ballo di sciachira. mi ritrovo sulla puledra che canto a voce alta alzando le spallucce alternate, col battito sul manubrio, i piedi in fremito. mi parte pure l'anca. insomma sono proprio sprecata per adagiare il mio culone latino pieno di ritmo sulla poltrona di pelle umana a farmi venire le emorroidi. perchè le emorroidi vengono eccome, a furia di schiacciare lo sfintere sulla sedia in preda ad ansia preoccupazioni e attacchi tachicardici. e ti vengono anche le vene varicose, perchè le gambe, di solito accavallate, ti si addormentano e ti si gonfia tutto modello sora lella.
comunque non era di questo che volevo parlare. anche se solo a pensarci mi metterei il capello a schiaffo, un maglia scollata con le pocce mezze di fuori, una gonna fasciante ma commoda, un mezzo tacco da tango e inizierei a ballare tutta focosa per il corridoio. un mix tra gennifer lopez, sciachira e nadia cassini e anita eckberg ai tempi d'oro. ok anche un pò cozza, volendo. ma col fuoco addosso.
dicevo. ero sul motorino a fare la lap dance latino americana quando mi sono guardata intorno. erano tutti alle prese con il cellulare. quello davanti a me ce l'aveva incastrato nel casco. quella accanto a me, in macchina, aveva l'auricolare ma con la mano teneva l'aifon all'altezza del volante come se stesse portando un vassoio di pasticcini. la ragazza di fronte si era sollevata il casco e parlava con una mano guidando il motorino. la famigliola al semaforo era guidata da una donna che smessaggiava tipo forsennata.
Un caso, ho pensato. no. al secondo semaforo, tra una spaccata in sella e un tacco punta ben piazzato alternato marciapiede asfalto marciapiede mi rigiro e la scena si ripete. poi una stronza quasi mi viene addosso, ma era al cell, non mi aveva vista.
insomma che tristezza. che tristezza. Abbiamo dimenticato cosa significa la solitudine. ma quella beata che ti consente di pensare. di guardare il mondo intorno a te. NOn stacchiamo mai. sempre a raccontare. ormai ci si chiama per nulla. "Lina, senti npò, ma n'è che gnente gnente l'artra sera hai notato che a Luiggi je rodeva?" "boh, numme pare" "no, perchè sai sto a annà a casa e me riviene n mente oo sguardo suo così, npò triste..." "Ah raffaè, ma come deve stà uno che la moje l'ha lasciato pe n'artro du giorni fà?" "e ciai ragione, ci. ma stavo ner traffico e m'è venuto n mente. ahò mo pare che s'è n pò sbloccato, te richiamo ar prossimo semafero".

il cellulare. il nostro migliore amico. facciamo una simulazione.
Arrivi presto ad un appuntamento. davanti ad un ristorante. c'è una panchina vuota. oggi e 10 anni fa.
10 anni fà arrivi e ti siedi. ravani nella borsa, prendi le sigarette, ti fumi la sigaretta mentre leggi gli scontrini buttati alla rinfusa.
oggi ti siedi, prendi la sigaretta e il cellulare. prima sms "sono qui davanti" (come se arrivando non si accorgano di te) poi una partitella. poi una telefonata per perdere tempo che terminerà nel momento in cui vedrai la persona con cui hai appuntamento. che orrore. la strumentalizzazione degli affetti.
Altro test.
Vai a prendere una persona sotto casa. 10 anni fà arrivavi, ti piazzavi in doppia fila, se eri diligente mettevi pure le 4 frecce, scendevi, cercavi il nome sul citofono, suonavi, con sorrisetto sentivi "scendo", ti rimettevi in macchina.
oggi mandi sms appena uscita di casa. poi nella migliore delle ipotesi sms due minuti prima "scendi" o alla peggio, detestabile, la telefonata. "oh, scendi che sono dietro l'angolo".
e poi dici che non ti vengono le emorroidi.

adesso vado a fare la lambada con il fascicolo.

giovedì 26 maggio 2011

pomodori col riso

oggi mi sento come la polpa dei pomodori per fare i pomodori col riso. dopo che hai scucchiaiato e prima di passarla, per aggiungerci il riso e lasciarlo a mollo.
mi sento "scucchiaiata". non tritata. quello sta per accadere ma ancora non è la mia ora.

speriamo che a bagno non ci mettano troppo aglio, mi rimane pesante da digerire.

domenica 22 maggio 2011

al cinema

tanto per iniziare la domenica il primo pensiero è rivolto al tempo che ora è bello e so già che nel pomeriggio peggiora, e quindi vorrei fare tutto quello che si può fare ora, velocemente, per recuperare le ore che mi vedranno costretta dentro casa o comunque non all'aria aperta.
e poi vorrei segnalarvi che ieri sono andata a vedere i pirati dei caraibi in 3 d.
Partiamo dal presupposto che a due anni mia madre si accorse che avevo un occhietto rosso, al mare, e alla fine si scoprì che ci vedevo come mister magù per cui ho iniziato presto a portare gli occhiali. non voglio dirvi che belle montature creavano per i bambini negli anni 70. marroni, spessi, di cellulosa. un vero orrore. comunque vabbè. il risultato è che devo portarli per forza, se voglio vedere i dettagli. non essendo miope posso anche permettermi di lasciarli in borsa per gli eventi "Social", ma se devo guidare/leggere/infilareilfilonell'ago/depilarmi/lavorarealcomputer/vederelatv etc mi trovo costretta ad inforcarli.
Non li amo. ma se vado al cinema in 3d mi sembra assurdo mettere gli occhialoni di plastica con le lenti polarizzate e poi non vedere bene i dettagli. per cui come per avatar scatta il doppio occhiale. che 1. non mi rende gran figa 2. pesa a bestia 3. non è comodo per niente e mi tocca stare a riposizionare la struttura ogni 3 minuti. insomma già partiamo male. comunque poi inizia.
penso che johnny depp sia un figo medio. nel senso che prima forse aveva un suo perchè, ma ora che gira nella vita come il capitano della nave faccio fatica a sopportarlo. bracciali e braccialini, gilet e camicie e i pantaloni uno su e uno giù con lo stivale da 1000 euro che porta come se fossero le clarks della serie "ah si i miei stivaletti da tutti i giorni". e poi si trucca. ora, sarei pure figo ma cazzarola prima di uscire ci metti 3 ore ad agghindarti per sembrare peones, trucco e parrucco compresi.
nel film oltre a un'esasperazione che forse piace ai bambini fa pure smorfie di continuo. le battute non mi fanno neanche sorridere. sembra la versione moderna di charlie chaplin. che a me non diverte (ora se volete prendetemi pure a sassate).
il film dura circa 3 ore. ho dormito proprio scomoda per circa 2 delle 3. quando mi svegliavo apparte gli inseguimenti non succedeva nulla di che. le sirene erano gran fighe, quello si. per il resto c'era pure il prete belloccio che si innamora. insomma boh. a dirvela tutta mi sembrava di stare al patibolo, quando hai sonno e devi lottare per tenere gli occhi aperti.
ma la chicca vera è l'esortazione prima del film. ti chiedono di spegnere il cell. giustissimo. ma è stato coniato un termine a me nuovo. e mi sono accorta che non sono più giovane.
"siete pregati di spegnere o SILENZIARE il cellulare"
silenziare? ok. o sono ignorante io o sono ignoranti loro. ma vi giuro SILENZIARE non l'ho mai mai mai sentito.
Scusa, silenziati. ora lo userò. mi silenzi un secondo la tv? ho silenziato il telefono, silenzia tuo figlio per favore. silenziatevi per favore.
siete tutti pregati di silenziarvi.
boh.

martedì 17 maggio 2011

martedì col vestito a fiori

oggi mi sono svegliata di nuovo storta.
avevo la riga orizzontale solita, sullo zigomo. i capelli da lavare (solo se guardati da vicino vicino o toccati), le gambe gonfie e male a un dente.
Adesso ditemi voi se la giornata parte bene. mi bevo 4 tazze di caffè e scopro che lo zucchero di canna non mi piace affatto, nel caffè della moka. è come se lo diluisse. quindi visto che ho finito il fruttosio mi attacco alla grande.
guardo la doccia con l'occhio sornione. mi lavo non mi lavo mi lavo.
opto per un si. l'acqua scorre tiepidina. di quelle temperature che se ti sposti impercettibilmente senti freddissimo. quindi l'unica soluzione è stare immobile.
ovvio che la doccia così dura dai 45 ai 78 secondi.
esco che mi sale il rodimento.
oltre che sporchi, adesso i capelli sono anche bagnati all'altezza della fronte e della nuca.
mi lavo i denti. dolore. sono 6 mesi che combatto e mi porto dietro un dente bacato e oggi vado di nuovo dal dentista. quasi quasi me lo strappo con le mani. ci sono sopravvissuti gli ominidi. vuoi che io non ce la farò?
mi vesto. e decido di mettere un vestito a fiori blu. sono super chic senza pretese. le forme si nascondono piuttosto bene e di sguincio sembro pure snella...
mi trucco e prendo la macchina per fare tutto un giro della morte casa del fidanzo casa mia cambio mezzo prendi puledra e poi dentista e poi ufficio.
mi sento bene. il cielo è a tratti blu, il capello l'ho praticamente cotonato e sembro una rock star. ho il rossetto ciliegia superlucido di quelli che diventi disabile: non puoi stare al vento, non puoi fumare, provarti cose nè mettere nulla vicino alla bocca. non puoi salutare col bacetto e se non stai attenta ti ritrovi il rossetto anche fuori dal contorno labbra, tipo silva coscina o ginona lollobrigida recenti.
festeggio. che cosa? l'inizio della mia rivoluzione.
come scrive giò in un commento...il 2012 è alle porte.

lunedì 16 maggio 2011

mercurio

Oggi, sarà il lunedì, ma mi sento come una palombara neofita immersa in una piscina di mercurio.
Con il boccaglio rotto e la maschera lenta.
avete suggerimenti?

sabato 14 maggio 2011

vita tecnicolor

se dovessi mettere i colori ai fatti della vita partirei dal ton sur ton.
dunque.
una conference call direi che è marrone.
il lunedì in ufficio decisamente grigio scuro.
il martedì pure.
la riunione alle 2 di pomeriggio, quando notoriamente ho fame, marrone cacarella.
il convegno estivo nelle sale buie a porte chiuse color mattone.
il pomeriggio di sabato a farmi la tinta (necesaria) ai capelli un color grigio topo.
il sabato mattina col caffè davanti e il sole giallo acceso
ore rubate al lavoro per una passeggiata in centro arancione deciso.
una coppetta di gelato zenzero e cannella e cardamomo è decisamente verde mela.
fare pace con il fidanzato e conseguente abbraccio è rosso velluto.
un aperitivo con le amiche mentre cala il sole è lilla.
roma d'estate è blu elettrico, come il suo cielo.
rivedere mia cugina è un arcobaleno che parte dal giallo e arriva al viola, compreso il rosso, il bordeaux e il verde acceso.
il mal di testa dopo una sbronza è viola.
il mercoledì è sempre rosso e sempre lo sarà.
l'ultimo giorno prima delle ferie è bianco latte con venature di azzurro.
la sveglia naturale è celeste. (anzi direi celestiale)
una cena a lume di candela è viola e arancione
una risata fulminante di quelle che non riesci a trattenere è rosa fucsia a pois gialli
il cornetto algida o la coca cola ghiacciata d'estate è a righe bianche e blu.
una nuotata nel mare cristallino è l'arcobaleno.

le consegne e il lavoro che mi separano dalla libertè sono multicolor: tutte le sfumature della pupù.

giovedì 12 maggio 2011

Cheppaura!

Ieri sono andata in libreria e mi sono comprata un libro sulle paure.
Tutte le nostre paure.
Oggi lo prendo, visto che sono in treno, e ripenso al titolo. Le “nostre” paure. Insomma alla fine scava scava abbiamo tutti le stesse paure?
Boh. Per esempio alle elementari un’amichetta della mia amica del cuore aveva paura delle tartarughe.
Ora magari sarà un caso, ma possibile mai che le paure ci accomunino al punto che uno scrive un libro e tutti se lo comprano e tutti ci si ritrovano?
Allora visto che è così voglio fare un elenco delle paure. Parto da quelle banali:
Paura dell’aereo
Paura dell’altezza
Paura del buio
Paura dei ragni, dei serpenti, dei topi.
Paura dei cani, purtroppo.
Paura dei gatti (che delle volte è del tutto fondata)
Paura del mare
Paura delle catastrofi
Paura di morire
Paura del vuoto
Paura dei fantasmi
Paura di fallire
Paura di non piacere
Paura degli squali
Paura del brufolo assassino prima dell’uscita col fico del villaggio
Paura del cancro
Paura delle punture
Paura di essere menati
Paura della velocità
Paura delle folle
Paura degli spazi chiusi e/o aperti
Paura della vecchiaia
Paura del dolore
Paura di amare (questa poi davvero è quella che mi fa più incazzare)

Ma la verità è che ci sono paure fantastiche. Particolari. Direi in alcuni casi anche eccezionali.
Vediamo un po’…
Innanzitutto la mia amica Eleonora alle elementari aveva paura delle galline.
Non è da poco.

Poi c’è chi ha paura di chi ha le labbra sottili. Mica ho capito perché ma pare che chi ha le labbra sottili sia anche in qualche modo diabolico.

Paura delle strade fuori città. Ci sono persone che guidano benissimo in città ma si fanno prendere da veri e propri attacchi di panico appena appena arrivi a raccordo o tangenziale.
Sull’autostrada ce li porti quando vuoi fare loro una violenza.

Paura del rasoio. Non voglio immaginare le loro ascelle.

Paura dei nani. Dico già sono sfigati te pare che devono pure incutere timore? Eddai no!

Paura delle lucertole. Che proprio non si avvicinano, poracce.

Paura dei criceti. E già lì ci posso arrivare visto che sono simili ai topi.

Paura delle persone di colore. Questa è bella perché è simile a quegli ignoranti che sostenevano la diversità organica degli ebrei. Se una persona ha la pelle nera non ci può fare nulla, è comunque uguale a noi, e può decidere di fare qualcosa solo se è Michael Jackson (e comunque con scarsi risultati anche perché a me piaceva molto di più di colore).

Paura della nebbia. Questa ce l’ho pure io. La nebbia è inquietante, e quello che dico è ovviamente banale visto che ci hanno fatto anche un film

Paura di essere derubati. Questa in particolare è stupenda. Un continuo stato di ansia per le proprie cose e la propria casa. Metti l’allarme, i gioielli in banca, tieni stretta la borsa, e controlla chi hai intorno…

Paura di essere fregati in generale. “Eh ma te l’avevo detto, io che quello con quell’occhio furbo ci stava provando….” “amore, quello non ha l’occhio furbo, ma una cataratta”

Paura di infrangere la legge. Questi sono quelli più ligi e apprezzabili da una parte, dall’altra invece sono odiosi. Ad esempio non vuoi trovarti con uno di loro se cerchi parcheggio in centro di sabato pomeriggio. Non si fermerà mai parcheggiando in modo improvvisato.

Paura di essere fraintesi. Questa paura diventa davvero debilitante quando si estende al momento in cui hai raccontato una barzelletta… “no, cioè capito? Il salamino di Pierino in realtà… ahahahah…. Era capito cosa? Insomma il salamino non era vero salamino, ma il …. Capito ahahaha? Il pipolo, il pipino… insomma… ahahah capito no perché Pierino se l’era tagliato… ahahaha capito? Non il salamino ma il pipino… capito come, che la madre gli aveva dato i soldi…”

Paura delle formiche. Ecco secondo me se qualcosa devono suscitare semmai è o schifo, o fastidio. Ma paura no. Mi ricordo una volta, avrò avuto 9 o 10 anni. Ero in campagna da un’amica e stavamo risalendo una collina lungo un sentiero sterrato. Lei era dietro di me e quindi decisi di aspettarla. Mi piazzai nella tipica posizione di attesa. Mani sui fianchi con gomiti larghi, tutto il peso su una gamba e l’altra un po’ da ballerina, col piedino all’infuori. Mi piaceva pensare di essere leggiadra (pensare ho detto). Dopo poco mi sento il piede d’appoggio che formicola. Poca roba. Poi la caviglia e infine il polpaccio. Lei arriva, urla a bestia e mi scappa via. Mi guardo la gamba: era nera di formiche, che viaggiavano all’impazzata. Questi sono i casi in cui ti rendi conto quanto puoi essere veloce a debellare questa roba disgustosa. Diventi come i film di benny hill, che ogni tanto vanno in velocità.

Paura dei cotton fioc. Si. Esiste.

Paura dei tampax. Oh tranquille, non sono mica salamini finti. Niente. Ad alcune donne gli parli di tampax e svengono.

Paura di prendere la scossa. Questa poi ce l’ha il mio fidanzato. Per cui nei giorni in cui si avverte un che di elettrostatico non lo puoi avvicinare senza dargli preavviso e senza toccargli prima la mano. Sennò si incazza. Quindi niente smancerie. Per favore.

Paura di perdere qualcosa. E li vedi, che sono alle prese con continue ricerche. Apri la borsa, oddio dov’è il telefono, oddio ecco lo sapevo, ah no eccolo. E le chiavi? Oddio le chiavi, lo sapevo, ecco le ho perse, maronn’mia, come facciamo adesso? Ah no eccole….

Paura degli uomini in uniforme. Queste persone hanno una vita di inferno. Ogni volta che un vigile fischia o si avvicina gli parte la tachicardia. Quando vedono un posto di blocco neanche a parlarne. Sudano ogni volta che devono fare un controllo all’aeroporto e si sentono a disagio, e pregano, quando passano per il corridoio “nulla da dichiarare”.

Paura degli incidenti. Questo mi accomuna alla mia migliore amica. Sto in motorino e passo da una sensazione di libertà a una visione splatter del mio futuro subitaneo. Basta niente, una macchina che mi taglia la strada, io che volo giù dal guardrail, con tutti i dettagli sanguinolenti del caso.

Paura del commercio di organi. Questi se viaggiano si chiudono a chiave e mettono anche la sedia a bloccare la porta. La mattina controllano di non avere isolite cicatrici (non si sa mai gli avessero prelevato che so, un rene, un pezzo di fegato, il polmone, una cornea)

Paura di essere infettati. E’ una paura invalidante al 100%. Niente mezzi pubblici. In ufficio c’è il salto in bagno (a lavare ripetutamente le mani). Persino a casa non si sta tranquilli, figuriamoci poi se ci sono dei figli. Sono capaci di far adottare il pargolo per una scarlattina. Se sono stati a contatto con persone malate dopo poco sviluppano sintomi psicosomatici.

Paura di strozzarsi. Questa è la paura della mia figlioccia stupenda. E meno male che ce l’ha. Almeno sta attenta quando mangia. Io semmai ho più paura di strozzare.

Ora scappo che voglio approfittare del treno per dormire. Mi piace da matti, testa a ciondoloni, bocca aperta e dondolio. Tanto è un diretto quindi non salto neanche la stazione.

martedì 10 maggio 2011

lo smalto

Lo smalto

Ci sono diversi tipi di smalto. Quello dei denti, quello per le unghie, quello della vasca da bagno, quello che invece di essere una cosa è una qualità. “quella ragazza ha smalto”.

Partendo dal primo.
Oggi sono stata dal dentista. La cosa era partita perché volevo fare una banale pulizia dei denti, invece ho approfittato per dirgli che ho un dolore atroce da circa 6 mesi, e cioè da quando mi ha devitalizzato un dente. Lui ha come al solito sbuffato. Non l’ho mai visto felice, quell’uomo. Te credo. Vive la maggior parte della sua vita davanti a bocche disastrate, con la luce sintetica e con un copri soffitto orribile fatto a cerchietti di plastica. Anche io sbufferei. E comunque mi dice che il dolore che sento, che parte dalla guancia e arriva al dente, proprio quello lì, non è collegato alla devitalizzazione. Cioè. I casi strani della vita vogliono che mi si infiammi un nervo sulla faccia , all’altezza del sottozigomo, e che il dolore si irradi proprio sul dente devitalizzato, e che tutto abbia inizio subito dopo la devitalizzazione ma la cosa è una pura, purissima, cristallina e banale coincidenza.
Non so perché ma non mi ha convinta. Per cui gli chiedo, dopo aver sbuffato, di riaprirmi la cura canalare. E così ha fatto. Anche esclamando, sempre seccato, “c’è un po’ di pus. Strano.”
Anzi, per ricostruire: sbuffo. Spillo nel dente, scartavetrata, sguardo, frase, sbuffo.
A quel punto ho deciso di rimandare la pulizia dei denti. Perché con una guancia in fiamme e un dente che a seconda delle interpretazioni è vivo o morto (lui dice morto, io dico vivo finchè sento dolore) mi sembra da ipocrita girare col sorriso durbans.
Quindi allo smalto bianco ci si pensa poi.

Secondo.
Non so mettermi lo smalto. Non lo so mettere. Neanche la pellicola protettiva. Anzi mettere la so mettere. Ma poi si scacca tutto. La scorsa settimana avevo fatto le cose per benino. Prima la base, poi due mani di rosso finto scianel, poi una passata di veleno che pare asciughi in fretta tutto. Sono stata circa un quarto d’ora con le manine da focomelica, inerte sul divano e ogni tanto accennavo a una soffiatina. Dopo mezzora iniziavo a muovere i primi passi. Tutto con i polpastrelli, stile Edward Mani di Forbice. E poi ovviamente la mia attività era limitata a poche cose, semplici. Bere, fumare una sigaretta accesa da altri. Vietato toccare capelli, cani, tessuti di qualsiasi natura. Vietato aprire scatole, frugare nella borsa. Anche rispondere al cell aveva i suoi rischi. Innanzitutto è un attimo che ci finisce il capello assassino. Basta un niente e zac. Striscia.
Comunque alla fine appoggiando leggermente le labbra sopra al mignolo facevo il test e poi riprendevo la vita normale. Una piccola distrazione… e via. Pollice con sgommata di smalto, dito medio con smalto opaco, indice con angolo color unghia.
Insomma uno sforzo inutile.

Terzo.
Lo smalto. Quanto odio gli aloni nella vasca da bagno. Ma a casa si diceva che il cif corrode. Quindi panno e acqua bollente e un detergente delicato. E fin qui tutto bene. Poi una volta mi si tappa il lavandino. Questo non lo dimenticherò mai. Avevamo un problema di pendenza dei tubi. Per cui si otturava tutto, dalla cucina al bagno. Un casino. Per cui avevamo trovato la soluzione dei signori che sturano. Arrivano con un marchingegno di aria compressa e sparano a tutta potenza. Solo che per evitare spurghi strani ci dovevamo dividere. Mia madre tappava il lavandino della cucina, io quello del bagno. I signori erano attaccati alla valvola, sempre in cucina. Ci mancava qualcuno che stesse in piedi, sopra lo straccio, nella vasca da bagno. Pensammo di chiedere alla vicina. Una giornalista molto chic, affermata e distinta. Lei si prestò, convinta di perdere i classici 5 minuti. Gli idraulici diedero il via. Si sentì un gran rumore e poi l’esplosione. Non feci in tempo a girarmi che la vasca letteralmente esplose, e la giornalista me la ritrovai completamente zuppa di una melma disgustosa. Anche il soffitto era sporco e io stavo per morire. Ridevo talmente tanto che mi dovetti accasciare a terra per evitare plin plin. Lei accettò le scuse mortificate di mia madre che nel frattempo mi fulminava con lo sguardo e se ne andò, puzzolente e schifosa. A quel punto presi l’iniziativa e versai nel tappo nella vasca uno spurgante doc. ci fu il rigurgito. Lo smalto della vasca venne letteralmente cancellato dalla nostra vita. Mia madre quasi pianse. Alla fine a ripensarci ancora ridiamo.

Quarto.
Mi sa che me lo sono inventato, lo smalto come qualità. Sono una persona insicura così prima di buttare giù qualcosa ho guardato su internet e di smalto come dote non ho trovato nulla.
Ma io mi sento proprio di averlo, quello smalto lì.
Si, sono energica, positiva, molto felice di base. Insomma, una con lo smalto da vendere.
A domani.

lunedì 9 maggio 2011

mi me fo li casi mei

mi, me fo li casi mei.
così diceva il saggio.
perchè ci sono delle cose che mi fanno ingrossare la safena. mi fanno venire la piorrea, la diarrea e la cistite. mi fanno ingrossare il fegato e irritare il colon. mi fanno smagliare le calze e le tette. mi fanno impataccare la camiciola di seta appena ritirata dalla tintoria. mi fanno l'effetto dei capelli bagnati con la tramontana invernale. mi fanno venire il brufolo dentro la narice. mi fanno sentire come quando ti ingrassi e il jeans ti stringe a morsa la coscia destra. mi fanno venire i piedi alla sora lella. mi increspano i capelli, mi fanno scoppiare il capillare nell'occhio. mi fanno l'effetto gessetto sulla lavagna. mi fanno stare come quando dopo aver mangiato lo yogurt mi accorgo che era scaduto da 3 settimane.
come quando ti sogni la pasta al sugo e scuoci lo spaghetto. come quando la notte ho sete e non c'è acqua da bere. come la sabbia nel costume da bagno altezza chiappe mentre mangi a pranzo sulla sedia di plastica. come le calze di lana a coste di quando ero piccola. come quando ti si rompe un solo ferretto del reggiseno, che non sai che fare e hai una tetta su e una giù. come quando sbucci l'aglio e ti puzzano le mani per giorni. insomma ci sono cose che digerisco come la peperonata dentro la bagnacauda ripiena di trippa e fegatelli con tre rognoni e le piume di piccione. tutto fritto e senza malox a portata di mano.

e sono:
i pettegolezzi.
le persone che si riempiono di fatti d'altri.
chi dice "si, ma..."
chi cerca disperatamente il pelo nell'uovo.
le persone fissate con la bellezza.
chi non sa vivere senza shopping.
chi non è in grado di ascoltare.
chi bisbiglia nell'orecchio.
gli inside jokes davanti a terzi.
gli sguardi rimproveranti.
chi bestemmia.
chi non mette in conto gli imprevisti.
le donne che tra loro si chiamamo samy simy lamy niny ily
gli uomini con i pantaloni a vita altissima e magari anche di colore improbabile
il pessimismo cosmico e il disfattismo (domani tanto pioverà, non mi dimagrirò mai, non gli piacerò mai...)
il riporto,
il sarcasmo gratuito che spiazza i timidi
i gruppetti di persone che ti fanno sentire un'aliena e finisci col fumare e guardare il display del cellulare sperando che ti arrivino messaggi.
gli uomini accompagnati che ammiccano vaghi guardandoti le tette. bastardi.
ora devo tornare a produrre soldi (che non diventeranno miei se non in piccola parte) per far girare un mostro di sistema che vede tutti insoddisfatti.

cacchio ma non potevo nascere nella casa nella prateria?

sabato 7 maggio 2011

Dolmen ti odio

Dolmen non è un supereroe.
Non è una figura mitologica né un totem indiano.
È uno stronzissimo guardaroba dell'ikea. Una delle due cose che non si monta semplicemente seguendo le istruzioni. È una rogna infinita, che se non hai pazienza, forza, fisico atletico e intelligenza suprema, oltre a un occhio da ingegnere e nozioni matematiche è impossibile montare. E quindi sto passando il mio weekend entrante tra martelli, avvitatori e parolacce tra me e un uomo sudato, nevrastenico, insopportabile e sfinito che prima del dolmen era il mio fidanzato.
Consiglio: se volete far durare una storia fatevi il pax.
Cazzuola.

giovedì 5 maggio 2011

mi son paranoia

ieri mi chiama l'amica del cuore e mi dice che ha fatto il tampone alla gola e che sia lei che i figli hanno lo stafilococco.
Io non so neanche cos'è ma mi sembra comunque una cosa gravissima. le chiedo immediatamente come si trasmette e mi dice "con la saliva".
la mia mente, invece di preoccuparsi per lei e i bimbi, ripercorre tutti gli incontri da qui a natale scorso. ed inesorabilmente mi vedo condividere la birretta, il bicchiere di vino e la mezza sigaretta.
"e che sintomi ha?" "boh, spossatezza, mal di gola, febbretta... ma poi dipende, io per esempio mi sento bene! oddio, magari un pò spossata ma bene"
eccola lì. circa 1 mese fa ho avuto la febbre. ma non quella seria, con 38 o 39. no, quella a 37,2, per una settimana, fino a che non mi sono stufata di provarla. Spossatezza? io sono distrutta. altro che spossata. e poi non parliamo dei brividi. che ho sempre, ovunque. e poi da quando ci ho parlato ne ho perfino di più. una massa di peli dritti che sembra che ho preso la scossa.
e poi il sonno. e il maldigola. ci sarà, tra i sintomi? ecco, mi controllo i linfonodi. che non so neanche bene dove siano ma me li controllo ugualmente. e poi i brufoli. si perchè su internet c'è scritto che se ti viene lo stafilococco ti vengono i brufoli. capirai, col fegato che mi ritrovo vai a risalire...sarà la tavoletta di cioccolato di ieri, il pacchetto di ringo al cacao di stamattina o i litri di vino della scorsa settimana? ah, forse è tutto un insieme...
e poi mi bruciano gli occhi. e la mattina mica mi alzo come un grillo, no no.
"e dimmi, tu che ti senti" chiedo apprensiva. "non ho sintomi". ecco, a questo punto mi sento del tutto contaminata. se lei ce l'ha senza sintomi, io, con tutti questi evidenti segni di malattia, non posso non averla.
allora andrò a farmi il tampone. e per fare le cose con precauzione quasi quasi mi metto a letto da ora. con la borsa dell'acqua calda.
perchè io non sono una paranoica. no no. per niente. ma qui il corpo parla chiaro.
io che uondeuoma mi fa una ricca sega di sicuro ho qualcosa dentro che lotta contro i miei anticorpi. perchè di solito spacco tutto, mai una linea di febbre, una tossetta, un naso a mocciolo. cassarola. da ora in poi vorrei anche eliminare le parolacce dal mio blog. quindi cassarola mi sembra perfetto per esclamare in modo incisivo. tanto poi si capisce che voglio dire altro.
da quando ho parlato con lei mi sono anche accorta che ho iniziato a trascinare i piedi per il corridoio del mio piano. incredibile ma vero. praticamente pattino. sono carolina, quella che pattina e che fa una pubblicità di uno sfigato terribile che pattina sul grano, o qualcosa del genere.
(comunque per me la più triste è quella della kinder fetta al latte. con fiona may. primo: ma fiona may chi se la fila. secondo ci dobbiamo sorbire pure la figlia. a sto punto è come ammettere l'onta della fama di sidney rom o don lurio. solo noi in italia creiamo i miti dal nulla. fiona che dà la fetta al latte alla creatura. ma sti caspiti. (ecco, coperta un'altra parolaccia).
ti pare, io qui malata con i cocchi che incombono e probabilmente stanno facendo un party ballando sulle piastrine, fregando i globuli bianchi e flirtando con le globule rosse... e in tv fiona ci fa vedere, dopo due anni che dà fetta al latte alla ragazzina, che è di nuovo incinta. un pò di rispetto per chi è infetto, caspita).
e di colpo mi sento le forze venir meno. su internet c'è scritto anche "calo ponderale". ecco quello no, quello non l'ho riscontrato. ma potrei essere il tipico caso anomalo, te pareva.
come per la tiroide. io se mai ho problemi mica divento iper. neanche per sogno. divento ipo. ipo-potamo.
casssso.
ora scappo che mi sono fatta venire a prendere dall'ambulanza. non si sa mai.

mercoledì 4 maggio 2011

Latrati, carezze e gravidanze giornaliere

Oggi l'umore mi "altalena".
non si dice ma rende perfettamente l'idea. Ho letto post delle mie blogger preferite e mi rendo conto sempre di più che il mio blog, fatto solo di stronzate, è un modo per carezzarmi l'anima con un sorriso. eppure delle volte vorrei scrivere cose serie. la verità è che in passato ho aperto un blog dove immancabilmente mettevo in gioco cose mie. e alla fine ho pensato che la voglia di condividere con un mondo sconosciuto andava represso, per come sono fatta. quindi da qui l'idea di cubois. dove quando rileggo inevitabilmente un pò ridacchio, e vedo quella parte di me che è colorata.
oggi sono particolarmente tesa. da cosa me ne accorgo? dalla giacca. me la sono comprata in saldo. Era costosissima ma quando la tocchi godi. morbida come un maglione, leggera ma calda. interno fucsia. avvitata che smagrisce. due bottoni. oggi il secondo verso la pancia non lo chiudo per colpa di una colite spastica che mi rende gravida.
a vedermi sembro davvero una bella donna al quinto mese. solo che ho un bebè fatto di gas, di rospi da ingoiare, di urli strozzati che si fermano alla laringe.
quindi conto di andare a pranzo con un'amica che non vedo da anni e spero di distrarmi, anche se dovrò controllare le parole perchè non è bello vedere qualcuno e al "come stai" già storcere il naso. per stasera conto di stare al settimo mese, poi andrò a letto e partorirò un bel bebè di 4 o 5 chili di aria compressa. chissà se mi assomiglia.
o se prende la forma del palazzo dove lavoro, o del collega testadiminchia che fa il pierino. o del documento che ho prodotto tagliuzzandomi e scrivendolo col sangue. o degli appuntamenti che ho fatto e dei conti che non tornano.
comunque sarà bello perchè domani avrò di nuovo la pancia pronta ad una nuova gravidanza. che di nuovo durerà quelle 16 ore. e darò alla luce un nuovo bebè.
ma: non mi devo tirare il latte, non devo cambiare pannolini, non assisto a coliche dell'infante che piange 5 ore di seguito. non litigherò col mio compagno sui massimi sistemi educativi, non mi si macchieranno i vestiti di rigurgito.
I lati positivi ci sono.
i latrati dei colleghi, che per ora ringhiano ma ancora non sono riusciti a mordere, li sento e guardo e passo.
Le carezze me le faccio scrivendo stronzate, e ridendo con le amiche di sempre.
buona giornata da una primipara attempata super fertile.

lunedì 2 maggio 2011

uiggliammecheit annatevelaapijànsaccoccia.

PREMESSO CHE:

i jeans non mi entrano da tempo;
mi sono fatta lo shatush (non lo so scrivere ma in sostanza ti cotonano la testa e ti ci spalmano il più banale dei decoloranti) e ora sono a frezze arancio-zingaro dopo l'estate.
il mio uomo si smessaggia più con la ex di 10 anni fa che con me. e a lei la chiama beibi. a me non mi chiama proprio.
di matrimonio non subodoro neanche il mezzo tacco delle scarpe scomode delle spose.
di verette e diademi ho solo quelle che vedo sui giornali di moda (sai, cartiè, tiffani, quelle puttanate un diamante è per sempre).

CONSIDERATO CHE:
ho quasi 40 anni e le ovaie mi smadonnano che si sono rotte i coglioni di ovulare invano.
vedo rughe come il cardo e il decumano proliferare sul volto e la mattina quando mi sveglio non ho più la faccetta da sonno ma la faccia di una distrutta alcolista dopo che l'hanno menata.
lavoro per farmi trattare di merda da personaggi sfigatissimi che non sanno neanche dove sono (e peggio, cos'è) eurodisney e lo zucchero filato.
non sono nè intelligentissima nè bellissima nè simpaticissima nè magrissima, nè grassissima, nè buonissima, nè cattivissima. bensì (bello bensì, proprio antico) una donna media, di media età, di meglia taglia, di medio tutto. compreso il dito medio che schiero fiera.
ogni domenica penso al giorno dopo e nella testa cerco solo un posto sicuro in cui rifugiarmi invece di dover affrontare (inevitabilmente) i cinque giorni che mi si prospettano prima del sabato seguente.
kunta kinte e la schiava isaura secondo me si sono accoppiati e sono nata io poi siccome erano poveri mi hanno lasciato a miss pony e invece di restare con candy candy (che magari ci scappava pure il treschino con quel fico di terence) mi ha mollata a babbo e mammà che poi dopo 6 mesi hanno litigato e papà se n'è pure andato di casa.
con i soldi che guadagno col cazzo che ci scappa anche solo un cerchione della bentley della regina elisabetta
non ho la sorella bona che mi porta all'altare col vestito culofasciante.
il mio uigliam lo trovo sempre in tutone sul divano altro che giacchetta rossa e guantino. però il mio i capelli ce l'ha. mica il pel gattino con la chierica che ho visto in tv.
io se esco nuda per strada con un palo nel culo rischio solo di essere arrestata. sui giornali non scrivono una riga.
stasera tra un pò piove e non mi viene a prendere nessuno e mi bagno sicuramente.

CHIEDO:
A uigliam e cheit d'annà a farsi un giro del mondo fino ai miei cinquant'anni, perchè fanno sembrare tutto così cenerentola e il principe, biancaneve e il principe, la bella addormentata nel bosco e il principe... (loro sò zoccole e lui un puttaniere, poi, se ci pensi)
e tutto il resto sembra tutto così triste e banale e normalissimo e privo di poesia.
eccheccavolo.
però non abbiamo considerato che magari uigliam ha la dermatite seborroica e gli puzza il pelgattino.
lei potrebbe avere le vene varicose, da grande. magari la safena manco le funziona bene.
entrambi hanno l'alitosi. la regina è lesbica e se la fa con la sorella bona di lei, harry è pornodipendente e carlo e camilla sono due fissati col bondage.
insomma mica è tutto oro quel che luccica. che cavolo.
ci sono cose nascoste. l'aerofagia, la flatulenza. i piedi che iperproducono cadaverina, i vizi tipo onicofagia o dita nel naso.

SFATIAMO STO MITO DEL PRINCIPE AZZURRO E DELLA PRINCIPESSA, CHE MI FANNO SOLO VENIRE LE MADONNE.
a me basterebbe scappare lontano con il mio uomo che mi guarda negli occhi e non mi lascia mai più.

venerdì 22 aprile 2011

La pascqua

Avevo fatto un bigliettino per gli auguri di pasqua.
Subito dopo averlo inviato a una caterba di gente la mia amica mi scrive...tina...si scrive con la cq.
Mi prende un colpo apoplettico. Un colpo che dura solo qualche istante, poi tutto ritorna a posto. Pasqua si scrive con la sola qqu'. non con la ccì. Mi sono tranquillizzata subito ma d'istinto mi è preso un colpo. come quando ripeti la stessa parola per 3 minuti. provate.
Una parola a caso.
Che ne so. Sedia. Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia.
se avete avuto la pazienza di leggere parola parola adesso troverete questo termine completamente assurdo.

e poi ogni tanto i dubbi ci sono.
l'aquila.
ingegnere
mettere a soqquadro
specificamente o specificatamente?
valige o valigie?
cecità
il passato remoto di cuocere alla prima persona
il congiuntivo dopo il "che"
obbiettivo o obiettivo?

i dubbi ci sono. esistono. ma la risposta risiede nella contemplazione.
Sempre parlando con lei mi dice che lei è una persona contemplativa. io rido. lei ride dietro a me e mi dice che non capisco una ceppa.
io continuo a ridere e le dico che sin da bambine, appena la vidi a 11 anni pensai "questa è una che contempla". lei ride e mi dice che sono stolta.
mi dice di andare a fare un ritiro di 3 giorni, contemplativo. dice che non ce la farei proprio.
E invece si sbaglia perchè ieri ad esempio ho litigato col fidanzato e sono stata circa 2 ore a contemplare la rabbia dentro di me. seduta in cucina, al buio. oltre alle scene splatter in cui mi vedevo dare fuoco alle sue cose più care (quadri, tv, playstation e cani), distruggere quello che non si può incendiare (vasca da bagno, tavolo di cristallo, macchina e camino), rigare (sempre macchina, parquet, frigo e tutti i pensili della cucina) e imbrattare (i suoi vestiti, la sua macchina, tutte le sue scarpe e tutto quello che rimane), ho anche contemplato sul mio futuro. sarei dovuta diventare:
1. pietro mennea (per scappare dopo il disastro)
2. buscetta (per rifarmi una vita con la plastica facciale e un nuovo nome, che ne so: Brittany Gotti Banchinelli, e andare a vivere in una ridente cittadella del Vermont)
3. Lori del santo (perchè approfitto così mi faccio i capelli come lei. ricci crespi corti davanti e lunghi dietro)
4. valeriona (per rifarmi una vita devo essere bonona, coi tempi che corrono mica posso puntare sull'intelletto, e se vado in vermont col culone e bionda platino mi ci vedo)

io sono una persona altrettanto contemplativa, dunque.
e poi posso contemplare mille cose. però se devo scegliere ora forse contemplerei volentieri il bancone della pizza a taglio di tale Nicoletti, quello che forniva il mio liceo alla merenda delle 11. una pizza bianca da urlo. Mi prendete una sediolina e io mi piazzo lì.
avrei detto anche jimmy choo ma mi sa che quello le scarpe le fa per i piedi costosi. quelli delle donne che sono nate con la camicia. ricche e con la pianta sottile e il caviglino. e sicuramente non posso contemplare con lo stesso entusiasmo la geox o valleverde, che invece per il mio tipo di piede sono perfette. no?

comunque adesso arriva un momento magico.
La pascqua. e quindi visto che davvero sono religiosa credo sia opportuno che tra una risata e l'altra ci ricordiamo che siamo tutti nelle mani di DIo, e che metà delle nostre incazzature sono dovute alla presunzione di poter/voler controllare tutto. mentre l'unico che ha redini in mano, cari miei, è lui.
Tra poco risorge e inizia un anno nuovo. con un cuore nuovo, tutte le pagine pulite. con una grandissima speranza che si accende in ognuno di noi. Ogni anno ci ricorda il dono immenso che ci ha fatto, la vita eterna.

Poi ditemi se non sono contemplativa.
auguri e tante ova.
o uovi.
boh.

giovedì 21 aprile 2011

la dieta collettiva.

ho deciso.
dopo pasqua finalmente smetterò di rotolare.
Ho creato una comitiva di donne trentenni con 4 o 5 chili da perdere, ho prescritto a tutte le analisi del sangue generiche (emocromo, colesterolo, tiroide). ero tentata di metterci anche urina e feci ma solo per rendere la vita meno agevole.
(si lo so non sono un dottore ma basta girare la richiesta fatta a me alle altre, no?)
insomma poi ho preso una mezza giornata tutta nostra per gli appuntamenti. ci siamo anche divise i compiti. io porto i fonzies, un'altra la coccacola, poi birrette, confetti al cioccolato, pizza rossa e mozzarella. ci vediamo alle 15:30 dalla dottoressa e stiamo lì fino all'ultima visita, facendo una festicciola di addio alle cellule adipose. distribuirò immagini di donne belle e formose, perchè non è detto che tutte insieme dimagriremo a soddisfazione.
e poi dopo un mese ci rincontriamo tutte lì.
e poi ci frequenteremo anche. "ragazze, tutte da me per l'aperitivo! ho bruscolini e liquirizia amara, thè verde col fruttosio e menta, e fave di fuca!"
ho finalmente trovato un modo divertente di dimagrire.
adesso scappo che mi chiude pitran.

centodieci

oggi ho pochissimo tempo ma non posso non sfogarmi.
la questione è rilevante.
Le realtà imprenditoriali private, in sede di recruitment (che parolone, diciamo in sede di assunzioni), analizzano i curricula per la selezione e poi i colloqui.
e fino a qui tutto bene.
poi scopro che la maggior parte di essi non prende in considerazione i candidati se alla laurea non hanno preso voti altissimi. privilegiati i 110.
ora. Non so chi di voi è andato all'università. Io si. e ho avuto una carriera insolita e ricchissima di paletti e interruzioni. sempre ovviamente volontarie.
ma quelli da 110 me li ricordo benissimo.
Elimino da questo pensiero quelle poche mosche bianche che per indole e per culo, oltre a essere grandi secchioni, sono anche persone normali. cioè di presenza normale, con una vita sociale normale, con una certa elasticità e che ancora e sempre sono in grado di ridere, divertirsi e cazzeggiare.
Elimino anche chi, con le qualità appena elencate, ha anche la grande fortuna di essere particolarmente performante per cui il 110 arriva tipo dono.
MA. tre quarti dei 110, alla mia università erano: 1. rigidi. rigidi, rigidi, rigidi. 2. Ansiosi, ansiosi, ansiosi, ansiosi. 3. Seri, troppo seri, serissimi, seriosissimi.
Quanti ne ho visti incazzati come puma perchè avevano preso 28. ho visto secchioni rifiutare il 29 perchè abbassava la media. Ho visto secchioni non passare compiti, non prestare appunti, non uscire neanche a capodanno.
Se dal punto di vista professionale questa può essere una dote vorrei ricordare che anche la socialità conta in un ambiente professionale.
Inoltre andare male all'università e comunque finirla significa astuzia, elasticità, savoir faire, scaltrezza, capacità di relazione, dialettica ed equilibrio.
Senza contare che poi uno che magari ha preso 98 o magari non si è neanche laureato poi è diventato top manager o miliardario.
Insomma sono qui per scagliare una pietra per tutti quelli che si sono divertiti, magari anche quelli che poi si sono pentiti e si sono messi sotto, per quelli che a causa di qualche problema come la timidezza hanno studiato sempre tanto e non hanno reso. per quelli che si sono fatti le notti a caffè e sigarette per recuperare, per quelli che hanno vissuto la vita e hanno conosciuto l'ozio e poi si sono rimboccati le maniche.
Bravi i 110, ma cazzarola, le persone vanno guardate negli occhi, ascoltate. Vi dico solo che una volta conobbi la moglie di Liebeskind, l'architetto fantamega che ora farà il grattacielo al posto delle twin towers. bene, lei mi disse come faceva i colloqui. partendo con il presupposto di una laurea in architettura, a prescindere dai voti, nei cv guardava solo le attività parallele svolte. e fissava colloqui con le persone che avevano lavorato nei bar, nelle discoteche, come dog sitter e portapizze. non si era mai sbagliata. "e' la luce che hai negli occhi, la brillantezza nella risposta, l'affabilità. il resto si impara.
ci sono i libri, per la tecnica. se sei sveglio impari veloce, se ti sai arrangiare superi gli ostacoli."
adesso sono in attesa di vedere il prescelto 110 che mi si presenterà alla porta. me lo immagino teso, un pò spocchioso, e nel cv non ci sono neanche gli hobbies.

martedì 19 aprile 2011

Botox

Oggi mi sono svegliata di nuovo con la ruga della notte.
Già l’avevo scritto, è una riga orizzontale sullo zigomo. Sembro la sorella di capitan Harlock. Ve lo ricordate? Lui però aveva un segnaccio orizzontale, sulla guancia.
Ormai è sempre più frequente. Oltre a chiedermi come dormo la notte adesso devo anche trovare un rimedio.
Sono passata in profumeria e mi sono comprata un tubetto di acido ialuronico, che dovrebbe fare da filler al solco.
Risultati pari a zero.
Poi incontro donne della mia età che hanno la pelle come le chiappe degli infanti.
Eppure non accennano a un sorriso. Lì per lì mi sono chiesta come mai, con una pelle così, non sono felici.
Io tra la ruga di espressione incazzata tra gli occhi, appena sopra il naso, la ruga della notte e le inevitabili rughette intorno al naso (visto che passo metà della mia vita a ridere) me le guardo, e loro non favellano.
Alla fine mi sono arresa e a tavola con un gruppo folto di conoscenti di un’amica ho tirato fuori il discorso.
Quella davanti a me, con un totale di circa 5 neuroni, mangiava le sue bacche e radici manco fossero una parmigiana di melanzane o una caponata.
Aveva la pelle tipo bambola di porcellana. I capelli biondi coppola e un paio di jeans che valevano quanto metà del mio armadio. Le scarpe di loubutin (speriamo si scriva così, ma ho i miei dubbi) e una magliettina di quelle che se per caso hai un mini rotolino sul fianco non la puoi mettere.
Parlava di quanto era fiera di suo marito, e che nonostante lo amasse molto di fare sesso con lui non se ne parlava. Si concedeva ogni 4 mesi per i sensi di colpa.
Oltre al fatto che trovavo assai strano come lei prendesse davvero sotto gamba i viaggi del consorte in paesi tipo cuba e brasile, mi chiedevo se poteva essere possibile e soprattutto prevedibile avere una persona davanti così curata, griffata, apparentemente acchiappa maschi e fedele e poi scoprire che era solo tutto un bluff.
Insomma se io fossi un uomo non vorrei mai una barbie algida al mio fianco.
Meglio quelle ciacione grassottelle che ridono sguaiate e che vogliono sempre fare l’amore, con tutte le rughe e i rotoli del caso. Tra un cannolo e una pizza alla mortazza.
Comunque, affronto il tema “ritocchino”.
Mi si apre un mondo davanti. Scopro, con la mia migliore amica ancora più basita di me, che siamo le uniche due che ancora si affidano al volto donato dal buon Dio, che si ammorbidisce con il tempo.
Quella davanti a lei inizia a elencare punture e punturine di ogni sorta. I lividi, il dolore, ma poi che gioia. Ci spiega che per le labbra (e pensare che entrambe avevamo pensato fosse solo una piccola reazione allergica alla primavera) invece di usare 4 fiale se n’era fatta iniettare solo una, e che ci ritornava ogni 3 mesi per una rimpolpatina.
Io per reazione mi sono sparata il lucidalabbra di mac con il peperoncino, che non gonfia affatto ma ti fa pizzicare e quindi ti senti un po’ lecciso o nina moric per un quarto d’ora.
La barbie mononeurone davanti a me inizia a tessere le lodi del botox, e di come ti apre lo sguardo, e di come sia assolutamente innocuo.
Io ricordavo bene che si tratta di una sostanza paralizzante, e considerando la mia mimica facciale non avrei potuto neanche prenderlo in considerazione.
“scusa ma non ti paralizza lo sguardo?” lei austera “ma che dici, figurati!” “allora prova ad alzare lo sguardo e diventa un secondo sharpei?”
vedo che alza le palle degli occhi al cielo. Sempre monoespressiva. “no, alza la fronte, corrugati, fai venire le ondine in fronte, fai finta di essere sorpresa… fai una cazzo di espressione qualsiasi!” lei di tutta risposta muove roteando le palle degli occhi e l’unico tratto che si muove sulla faccia sono labbra destra sinistra, palle degli occhi e lingua.
Ecco. A sto punto mi chiedo se queste dementi si rendano conto del danno.
Se sei sharon Stone hai il culo di avere quell’unica espressione più o meno intelligente.
Ma putacaso il tuo sguardo basic è quello del buon pierino sei davvero fottuta.
Lei aveva di basic la faccia da cavolo. Quella che gira un po’ schifata un po’ snob. Con le sopracciglia inerpicate e perfette da ceretta, l’occhio ceruleo e lo zigomone.
Insomma una sorta di renato balestra al femminile.
Non mi trattengo: “ma sei completamente bloccata!”. Lei ride (tra sé e sé, perché ovviamente l’accenno alla risata è piuttosto sforzato data la paresi).
Boh. Ridi pure, tanto non si vede.
Che da una parte potrebbe anche essere positivo.
E allora complimenti, belle ragazze. La verità è che il messaggio non viene filtrato. Perché ti abitui alla totale assenza di segni umani. Le riviste fanno vedere solo primi piani di donne “che valgono” senza rughe di espressione. Poi pesano all’incirca 3 chili e in più le ritoccano così sono ancora meglio. Vi ricordate la pubblicità di NOLITA? Con la modella anoressica che è morta? Beh io porto una 44 e NOLITA non prevede questa taglia.
Nel negozio fashion del quartiere non hanno taglie per me. Neanche fossi obesa.
Quindi poi ci sorprendiamo che questi barattoli pieni di fagioli (intendo le testoline di barbie deficiente) non facciano la fila davanti al chirurgo o a quello dalla siringa facile.
Ma devo dire che la scusa più bella è quella della rinoplastica.
Quante ne ho sentite. “no sai mi devo assolutamente operare perché non respiro bene per niente” “sai, ho finalmente deciso di operarmi perché ho i polipi” “sai, mi opero perché da bambina mi sono rotta il naso”.
Beh. Io il naso me lo sono rotto davvero. Un dolore mostruoso. Le occhiaie viola per una settimana. Non ho mai più respirato come una volta. Ma il solo pensiero di farmi toccare mi fa venire i brividi, per cui mi tengo il naso che ho (che per fortuna non si è deturpato) e respiro con la bocca.
Loro no. Loro si inventano tutte queste scuse e poi tornano in società dopo circa un mese che hanno il nasino alla totò cascio di nuovo cinema paradiso, la fronte paralizzata “già che c’ero” e una pompatina al solo labbro superiore.
Vabbè, dico io, alla fine mi adatto, essendo in minoranza.
Ma ricordate una cosa: con il naso rifatto non ce la farete mai ad avere le narici uguali. E’ inevitabile. Anche solo impercettibilmente una delle due si “sfragna”. Tradotto: sale, scende, si allarga, si stringe.
Comunque parlo facile, visto che non ho ancora 40 anni.
Magari tra qualche anno mi trovate che rimbalzo per le vie dello shopping con una quantità di acido ialuronico silicone e botox.
Un’esplosione di sintetico.

mercoledì 13 aprile 2011

mutui prima casa

Ciao. Lo so.
Il titolo non c'entra niente, ma io ci ho provato. da squallida. ho scoperto, andando sulla sezione "statistiche" del mio blog, che alcuni lettori sono finiti sul mio blog ricercando cose tipo "activia" "regime alimentare" "sciachira". allora da ora in poi inizierò a mettere titoli che se cerchi su google ti esce il mio post. sono proprio una paracula.
le prossime parole saranno:
- viagra
- activia
- somatoline fa male?
- ruby
- perdi peso in tre giorni
- botox.

poi vi informo su quello più cliccato.
i contenuti dei post invece saranno del tutto estranei al titolo...

:-)

martedì 12 aprile 2011

AICHIA (con l'accento sulla seconda i)

Chi di noi non è andato almeno una volta nella vita da aichìa.
Lo scrivo così perché fa tanto fico dirlo alla straniera. Altrimenti posso anche dire icchèa, ighea, o anche ikea.
Innanzitutto: non tutti possono andarci con disinvoltura. Perché non apre succursali ovunque, e per anni, essendo romana, assistevo ad amiche col copripiumone fighissimo che parlavano di questa realtà a me ignota. Loro partivano per spedizioni punitive. A Bologna innanzitutto, poi a Milano. Alla fine ha aperto anche a Roma. E lo smacco è stato che qui ne ha aperte addirittura due. Quindi essendo romana posso anche scegliere. Tiè.
In effetti aichìa è come zara.
Avrò avuto intorno ai venti anni quando una mia amica tornando dalla spagna sfoderava vestiti più che decenti raccontandoci che la canottierina di lycra l’aveva pagata 12 euro. Cose dell’altro mondo. Pensi che sia tutto molto irraggiungibile e prima o poi ti organizzi per avere il copripiumone e le canottiere a 10 euri. Spendendo una fortuna per arrivarci.
Se ne devo trovare un’altra, di cosa simile, mi viene subito in mente Intimissimi.
Quando ero piccola (dire giovane mi sembra davvero troppo impegnativo) mia madre comprava l’abbigliamento intimo in un negozio in centro. Era molto caro ma aveva completini molto carini. Ricordo ancora i brand: occhiverdi, la perla, etc.
Quindi l’abitudine era comprare, al massimo una volta l’anno, un reggiseno bianco, uno nero, uno semmai color carne, e doppia mutandina (tattica, il reggiseno lo riusi e le mutande le lavi). Poi è arrivato intimissimi. Che per il prezzo del tassello di cotone delle mutande della perla ti offre reggiseni e mutande di ogni forma e colore, per cui diventa come passare a comprare un cono gelato. Oggi prendo vaniglia con le fragole e coulotte, domani quello sedano con il tanga segaculo.
E così l’armadio si riempie di abbigliamento intimo di ogni tipologia e colore, e il portafoglio rimane più o meno intatto (più o meno perché alla fine non resisti e ti compri anche la canottiera e la camicia da notte e gli slip senza cuciture che dopo due settimane sono quasi da buttare).
La durata non è eccezionale, perché dopo 4 lavatrici si iniziano a smontare. Perdi un ferretto, il merletto si infeltrisce appena. Ma a 29 e nove va bene così.
Icchèa è così. Ha quelle cose a cui di colpo ti rendi conto che non puoi fare a meno.
Direi che è il caso di fare un giretto virtuale.
Intanto solo i più tenaci riescono ad accedere. Perché prima c’è la guerra per il parcheggio.
Sì, perché da icchea ci si va nel tempo libero. Nel weekend. Quindi ti ritrovi in un carnaio di famiglie numerose e giovani coppie, tutti drogati dalla quantità di roba acquistata o nevrotici che vogliono uccidere i passanti con i carrelli enormi, per parcheggiare.
Poi c’è l’entrata vera e propria. Con le offerte che ti scorrono davanti alla scala mobile. Già lì ti accorgi che senza la BILLY non si vive bene bene. Per niente. Anche perché con meno di 30 euro te la porti a casa.
Poi alla fine della scala ci sono le famose buste gialle. Che la prima volta ti chiedi a che cavolo ti servono e comunque la prendi. In realtà sono reperibili anche quando scendi nel girone pre-cassa, finito l’allestimento delle finte case. E comunque sono furbi perché se la prendi all’inizio comunque riesci a riempirla anche mentre prendi spunto nelle varie stanze.
I salotti sono gremiti di genitori anziani seduti sui divani con le figlie che urlicchiano “questo è propio quello che stavo a cercà, mà, guarda n po’?”
Quello che mi fa più pena, da icchea, sono gli uomini. Trascinati e trascinanti per camere da letto, saloncini, cucine di legno impiallacciato. Le donne sono del tutto infervorate e sembra che debbano comprare tutto. I maschi annuiscono, confusi. “amò guarda n po’ sta cammeretta? Come aa vedi? Si però le tende le mettemo come la stanzetta de debborah, quelle coe paperelle, ehh?” lui è lì. Che a stento trattiene quella bestiolina di debborah che ha circa due anni e rantola smocciolando rossa congestionata sul tappeto. La donna è al nono mese ed è peggio di un caterpillar. Lui ha anche il bustone giallo già carico. Di cosa? Innanzitutto stampelle.
Poi facciamo la lista delle cose che come per miracolo tutti, senza via di fuga, acquistano. E’ una sorta di ipnosi collettiva.
Comunque andiamo avanti. Superate le cucine, dove vedi lei che passa la mano sul bordo del tavolo e apre tutti gli sportelli e quasi quasi fa pure finta di cucinare e lui che col bustone guarda un po’ basito e con aria accondiscendente lei che diventa la regina del soufflé, arrivi ai divani e materassi. Qui la situazione peggiora. Lei costringe lui a sdraiarsi sul materasso e gli chiede anche di molleggiarsi. Lui deve mollare borsello, borsa di lei, bustone e ragazzina impossessata e se poco poco non accenna ad uno slancio viene cazziato “e te pareva, no, che ce devi avè sta faccia! Guarda Ivan che ce demo dormì noi, pure tu sà! Se nu lo provi poi non te devi lamentà. Ma che dici, se lo famo de lattisce?” e nel frattempo zompa su un altro materasso. Lui ha l’occhio pallato al soffitto. E’ già stravolto. Gli viene un po’ da piangere.
Icchèa è geniale, anche perché puoi mollare la ragazzina insopportabile al bebiparchin. Cioè fai solo un’oretta e mezza di fila poi arriva una ragazza gentile che ti infila il pargolo dentro una stanza tipo gabbia piena di giocattoli, ti danno un numeretto e tu lo molli lì per circa un’ora. Inutile dire che le file sono sempre e solo composte da bambini che stanno impazzendo per entrare nel mondo dei giochi, e dai padri che strattonano e minacciano “viè qua papà che mo tocca a noi. Nun toccà papà che poi ce fanno sartà r turno! Falla finita. Falla finita ha detto papà che sennò te corco. Debborah te prego carmate che papà nu je la fa più.”
Dopo aver simulato una mini dormita su tutti i materassi si arriva al mitico PAX. Qui davvero c’è l’apoteosi dell’italianità. La verità è che icchea funziona per chi si organizza da casa. Non per chi va alla ricerca di qualcosa che “amò, ma secondo te sto coso c’entra in verandina? Ma r muro n’era scosceso? Mettete qua, che me pare de ricordà che più o meno t’arrivava qua…”.
E questo è il motivo delle file al punto “i”. dove ci sono quei poracci che si sono fatti anche il corso di formazione su come si tratta il cliente e che il sorriso è la prima cosa. Adesso altrochè. Sono esausti e nervosissimi, non hanno nessuna intenzione di fare veloce per assecondare chi sbatte il piedino in attesa del suo turno.
“signorì, scusi eh, ma volendo sto pacchese se po’ avè su misura?”
qui ci incontri anche le famiglie. I padri, più maturi, e gli uomini in generale, hanno due compiti fondamentali. Anzi tre. Primo: portano la busta gialla e anche il carrello e il carrellone. Poi sono quelli che detengono matitino, metro di carta e foglietto per scrivere scaffale e ripiano. Che poi se si perdono qualche informazione sono cazzi. “hai scritto? Se chiama Bvasdtlf, scaffale disciotto ripiano due.” Lui azzarda “ee misure?” lei si spazientisce “sitte dico bvasdtlf vor dì che c’ha na misura sola, no? Sinnò specificavo!”.
Dopo il mitico pax e le luminarie (“amooo te preeegooo guarda st’applìc! Mo dimme se nun sembra quella der firm!”) l’energia è del tutto finita. Ma quelli di icchea lo sanno eccome. Infatti prima del girone dantesco degli accessori c’è bar e ristorante.
Il menù io lo definisco, invece che à la carte, a rutto. Sì perché qualsiasi cosa ti mangi all’icchea rutti per circa due ore. Il menu riprende le pietanze che poi vendono dopo che hai pagato alle casse, al negozietto.
C’è il salmone alle erbe, la purea, anche la pasta al sugo per i ragazzini. Ma il pezzo forte sono le micro polpette con la marmellata. Te ne mettono a scelta 10, 20 o 50. Gli uomini a quel punto fanno una strage. Questo li rende del tutto narcotizzati per la fase successiva, quella del carrellone.
Io di solito mi prendo anche il cinnamon roll.
Si scendono le scale e c’è l’angolo offerta. Tipo dei micro cuscini completamente inutili a un euro l’uno. Boh. Forse servono da mettere tra le dita dei piedi per lo smalto. O per appoggiare i polsi. Boh.
Ma siccome icchèa è immensa e rischio di scrivere troppo adesso elenco le cose che tutti tutti tutti comprano. Inevitabilmente. A costo poi di buttare gli articoli anche il giorno dopo.

- Come ho detto dopo billy, il re di icchea, c’è la regina stampella. Migliaia di stampelle.
- almeno una volta i piatti. Quelli già in set. Quelli di gres. Che quando poi ci arrivi a casa e provi a mangiarci ti vengono i brividi perché la forchetta (sempre di icchea) a contatto col gres fa il suono del gesso sulla lavagna.
- I bicchieri per il vino, quelli a calice grande. Che si spaccano nella lavastoviglie o comunque se li tocchi un po’ violentemente.
- I tovaglioli. Di tutti i colori, e quelli bianchi di scorta che costano di meno
- Il tapperware. Di ogni forma.
- Le forbicette celesti rosse e gialle di tre misure diverse. Quando le vedi ti accorgi che non puoi vivere senza. E delle volte te le ricompri a prescindere.
- Quelle specie di pinze colorate per chiudere i pacchi da mettere in frigo o nei ripiani. Che sono di due misure e solo dopo ti accorgi che quelli piccoli sono praticamente inutili e sono tantissimi rispetto a quelli grandi
- Lo scolaposate di metallo traforato. Quello ce l’hanno davvero porci e cani.
- Lo spazzolino colorato che scrosta i piatti con la ventosetta alla fine.
- I canovacci e gli asciugamanini arrotolati che trovi mentre scendi le scale per il girone, di scarsa qualità ma che costano 1 euro tre.
- Il disco di legno da mettere a centro tavola che gira. E le donne di solito li toccano tutti perché “amò secondo te qual è mejo? No perché a me mica me fregano che me devo prende quello colla venatura der cazzo…” l’uomo la guarda, rutta laterale sospirando e col dito punta a caso.
- I tappetini per il bagno quelli un po’ pelosi. Ottimo acquisto, quello.
- Almeno un set di pentolini da tre. Occhio perché pare che l’antiaderente che usano non sia meglio delle pentole cinesi. Ma comunque poi vige la cosa: “amò pè sette euri si se roviveno ee buttamo”
- La lampadina per i bambini colorata di gomma, inutile
- Un pelouche qualunque (prima andavano gli orsetti, poi a ruba i sorci, ogni tanto becchi pure qualcuno che si compra l’elefante)
- Il mitico tappeto per i ragazzini con il giochino tipo pista disegnato. “amò te penzi debborah quanto ce gioca coi cugginetti?” in realtà i ragazzini si rompono le palle più di subito
- Le ciotoline e i bicchieri colorati per i ragazzini “così nun ze rompeno quanno famo aa pizzata”
- Il pax
- Il mitico divano tomelilla. Che si sfonda dopo poco ma che comodo è comodo davvero.
- Le lenzuola col copri piumino. E qui si apre un mondo. Prima che capisci icchea hai già speso un botto- a meno che non hai un’amicizia onesta ed esperta che ti blocca prima dell’acquisto. Innanzitutto l’offerta a 19 e nove riguarda solo il copripiumone e due federe. Quindi ti devi ricordare di prendere il sotto, con gli angoli. Poi le federe incluse nel 19 e nove sono per i cuscini dei puffi. Cioè vai a casa e impazzisci e alla fine per non arrenderti infili l’intero cuscino nella federa a tre quarti e dormi di merda, col cuscino che è diventato un marciapiede per quanto è compresso. La verità è che devi comprare anche le federe, separatamente, per comuni mortali. Poi un piccolo appunto sul copri piumino. Noi siamo italiani, abituati alla coperta della nonna, quella di lana, pesante. E alle lenzuola sopra e sotto. Poi arrivi a casa che ti sei presa il piumino e il copri piumino. Perché pensi che è più pratico. Beh al primo tentativo rimpiangi la tradizione italiana. E inizia la lotta per infilarlo. Perché nessuno te lo insegna, che devi mettere il copri piumino al contrario, afferrare gli angoli del piumino e rigirare tutto senza esitazione. Così provi a infilare il piumino dentro. E non ci arrivi, e sudi, e combatti e ti viene la nevrosi. “amò ma che stai a fa?”lei sudata incazzata come un puma “ma che cazz… sto coso come cazz funzionaaaaaa!!” lui si dà alla velocità del suono e solo quando lei non lo sente accenna a un: “a me me pareva tanto na cazzata, mi madre me dice che le lenzola nun so male pe gniente…te sei fissata co sto cazzo de copripiumone mo taa vedi te”
- Un cuscino che comunque si chiama gosa finale (ce ne sono 18mila tipi e se non ti segni il nome non lo ritroverai mai più)
- Il copriletto Indyra. Che costa 19 euro nei giorni buoni. E che usi come copriletto, copri divano tovaglia e tappeto da pic nic. Quello in offerta di solito ha i colori più sfigati.
- Le pile. Di marca assolutamente sconosciuta. Ma ne prendi a pacchi.
- Le candeline tonde. Profumate alla vaniglia o alla rosa o che ne so io.
- Purtroppo molti prendono anche lo specchio osceno sguisci sguosci. Quello ondulato. Come tre onde burine di vetro. Da mettere in salotto? Spero di no.
- Quei sacchettoni che ripieghi il bordo e sono di corda, da mettere in bagno.
- Poi l’ultimo trend… i cestini per la raccolta differenziata. Di tutte le tipologie.

Ovviamente la lista è aperta a suggerimenti.
Poi vai alla cassa. Ora hanno messo le casse che te li passi tu, i colli. Errore. Mica siamo in svezia. Siamo a un’ora da napoli, cazzo. È palese che su trecento cose almeno 5 le fanno passare inosservate. Lo vedi dallo sguardo assassino di lei che ha un tono particolarmente nervoso con lui, che sandalo e calzino non ce la fa veramente più “e daje t’ho detto te sbrighi? Voi mette ee cose nee buste cazzo? Volemo fa notte? Dajeeee”.
Il supplizio è finito. Lui si merita l’hot dog. La bambina esausta dorme col sorcio sotto braccio e lei dà indicazioni su dove e come portare il mega carrellone.
Caricano la macchina stile rom. Lui è sudatissimo. Fuma e lei si incazza.

E se ti accorgi che un pezzo che hai preso non va bene?
“amooooooo! Do stai? Stavo a penzà che nun poi mica guardatte la partita, domani che è sabbato. C’amo 10 giorni pè cambià billy che a debby je piace rosa, e demo annà domani”.

Poi dici che le coppie si sfasciano.