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lunedì 13 giugno 2011

la vita in un rettangolo

Il mondo in un rettangolo.
E’ così.
Oggi è lunedì, e già lavare il viso mi pesa. Poi il tempo è così e così, e ho fame, visto che sto a dieta da una settimana. Quindi già le cose sono piuttosto complicate.
E’ tutto il weekend che cerco il computer, perché venerdì, scappando dall’azienda, avevo deciso di portarlo con me. Una bella scampagnata fuori porta, ho pensato. Non si sa mai decidessi di usarlo, o se ne creasse l’esigenza.
Quindi mi carico cavi e cavetti e acchiappo il bambinello. Che per carità fa molto fico, eh, però pesa sempre circa 3 kg e qualcosa. Aggiungici il caricatore, il topo (maus) (si, scritto così, vabbè?), la pennetta, i due fascicoli su cui eventualmente rischierei di lavorare. Tutto in borsa che è enorme, ovviamente. E poi ho anche l’aipadde. Così è leggero. Che poi sommato agli altri gadget sembro un rivenditore di euronix. Io, la borsa, la sacca delle cose inutili portate in ufficio nei mesi (sì perché ci hanno chiesto di eliminare ciò che rende l’ambiente meno asettico), il casco gigante da palle spaziali, il maglioncino e il cavo dell’auricolare tutti insieme ce ne andiamo verso casa in sella alla puledra. Che poi mi sono dimenticata di dirvi che è la morosa di furia cavallo del uest. Comunque. Quando arrivo a casa distratta mollo tutto in giro.
Per il resto del fine settimana cerco il computer inutilmente. L’avrò lasciato in ufficio, come faccio quando sono presa da mille cose da fare e mi scappa anche pipì ma non ho voglia di calar le braghe.
Quindi stamattina dopo aver litigato con la spazzola e aver scelto la tristezza di pietanza che mi allieterà solo i villi intestinali (fesa di tacchino al forno in busta col colore del culo di un albino) decido di prendere posizione: il pc è in ufficio, ora basta andare lì e tutto si risolve. Nel frattempo ho controllato un po’ tutta casa e il bagagliaio della macchina (anche se non la prendo da una settimana) (non si sa mai, mi sento demente senile quindi il check dell’assurdo ci sta tutto).
Arrivo in ufficio e scopro che del computer non c’è traccia. In realtà lo sapevo. Mentre ero in sella mi si materializza la visione di una sacca da mare bianca finto vimini di plasticone resistente enorme. E’ lì, il maledetto. E’ che di sacche ne avevo 3, tra borsa, sacca rossa del tour operator di un viaggio di mia madre in polinesia (beata lei) del 1988 con dentro le cose inutili (3 paia di scarpe, una sciarpa di lana, due ombrelli, un paio di guanti, una tisana per fare la cacca, una cuffietta rotta e un tapperware con dentro un blob non meglio identificato).
La sacca bianca mi era proprio passata di mente. Sarà che matchava bene con il bianco sporco della puledra. Per cui anche in casa, passandoci davanti, non l’ho degnata di uno sguardo. (Oddio forse uno sì, con il sopracciglio arricciato pensando: che gusti di pupù quella lì a regalarmi una roba così kitsch!).
Quindi arrivo in azienda, chiedo a chiunque di stampare documenti per ricostruire uno pseudo gemello di documento necessario ed entro in riunione.
Due ore di passione e poi scappo a votare. E mi carico così, tanto per fare, un paio di fascicoli in più. Ho deciso, timbro prima e lavoro da casa, non retribuita. Tanto senza pc in ufficio ci fai poco. Al seggio tra poco mi danno duecento lire e mi mandano via.
Nel mentre mi ricordo del dentista. Quindi vado anche lì. E bevo mezzo litro d’acqua. La pipì incombe. Arrivo a casa e mi apparecchio una signora postazione. Caffè, sigarette, acqua, fascicoli e sacca bianca. Mi metto a scrivere e così come d’incanto mi viene un pensiero.
Uno di quei pensieri insoliti come scoprire di avere un gemello omozigote cresciuto a buenos aires.
Non è che ho qualcosa da fare in ufficio oggi pomeriggio?
Certo che si.
Quindi ariprenderò la puledra, mi riattraverserò roma per la terza volta, e mi siederò lì, con l’aria condizionata a palla, facendo finta di essere una persona composta. Dentro ho un marasma di parolacce e gesti volgari.
Oddio adesso se ripenso al millennium bug mi sento male. Il mondo è chiuso in un rettangolino di plastica e metallo che deve girare necessariamente con te.
Pensa se si rompe.
E comunque dimenticarlo significa fare sport.
Come diceva mia nonna, mitica: chi non ha testa ha gambe.

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