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venerdì 22 aprile 2011

La pascqua

Avevo fatto un bigliettino per gli auguri di pasqua.
Subito dopo averlo inviato a una caterba di gente la mia amica mi scrive...tina...si scrive con la cq.
Mi prende un colpo apoplettico. Un colpo che dura solo qualche istante, poi tutto ritorna a posto. Pasqua si scrive con la sola qqu'. non con la ccì. Mi sono tranquillizzata subito ma d'istinto mi è preso un colpo. come quando ripeti la stessa parola per 3 minuti. provate.
Una parola a caso.
Che ne so. Sedia. Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia Sedia.
se avete avuto la pazienza di leggere parola parola adesso troverete questo termine completamente assurdo.

e poi ogni tanto i dubbi ci sono.
l'aquila.
ingegnere
mettere a soqquadro
specificamente o specificatamente?
valige o valigie?
cecità
il passato remoto di cuocere alla prima persona
il congiuntivo dopo il "che"
obbiettivo o obiettivo?

i dubbi ci sono. esistono. ma la risposta risiede nella contemplazione.
Sempre parlando con lei mi dice che lei è una persona contemplativa. io rido. lei ride dietro a me e mi dice che non capisco una ceppa.
io continuo a ridere e le dico che sin da bambine, appena la vidi a 11 anni pensai "questa è una che contempla". lei ride e mi dice che sono stolta.
mi dice di andare a fare un ritiro di 3 giorni, contemplativo. dice che non ce la farei proprio.
E invece si sbaglia perchè ieri ad esempio ho litigato col fidanzato e sono stata circa 2 ore a contemplare la rabbia dentro di me. seduta in cucina, al buio. oltre alle scene splatter in cui mi vedevo dare fuoco alle sue cose più care (quadri, tv, playstation e cani), distruggere quello che non si può incendiare (vasca da bagno, tavolo di cristallo, macchina e camino), rigare (sempre macchina, parquet, frigo e tutti i pensili della cucina) e imbrattare (i suoi vestiti, la sua macchina, tutte le sue scarpe e tutto quello che rimane), ho anche contemplato sul mio futuro. sarei dovuta diventare:
1. pietro mennea (per scappare dopo il disastro)
2. buscetta (per rifarmi una vita con la plastica facciale e un nuovo nome, che ne so: Brittany Gotti Banchinelli, e andare a vivere in una ridente cittadella del Vermont)
3. Lori del santo (perchè approfitto così mi faccio i capelli come lei. ricci crespi corti davanti e lunghi dietro)
4. valeriona (per rifarmi una vita devo essere bonona, coi tempi che corrono mica posso puntare sull'intelletto, e se vado in vermont col culone e bionda platino mi ci vedo)

io sono una persona altrettanto contemplativa, dunque.
e poi posso contemplare mille cose. però se devo scegliere ora forse contemplerei volentieri il bancone della pizza a taglio di tale Nicoletti, quello che forniva il mio liceo alla merenda delle 11. una pizza bianca da urlo. Mi prendete una sediolina e io mi piazzo lì.
avrei detto anche jimmy choo ma mi sa che quello le scarpe le fa per i piedi costosi. quelli delle donne che sono nate con la camicia. ricche e con la pianta sottile e il caviglino. e sicuramente non posso contemplare con lo stesso entusiasmo la geox o valleverde, che invece per il mio tipo di piede sono perfette. no?

comunque adesso arriva un momento magico.
La pascqua. e quindi visto che davvero sono religiosa credo sia opportuno che tra una risata e l'altra ci ricordiamo che siamo tutti nelle mani di DIo, e che metà delle nostre incazzature sono dovute alla presunzione di poter/voler controllare tutto. mentre l'unico che ha redini in mano, cari miei, è lui.
Tra poco risorge e inizia un anno nuovo. con un cuore nuovo, tutte le pagine pulite. con una grandissima speranza che si accende in ognuno di noi. Ogni anno ci ricorda il dono immenso che ci ha fatto, la vita eterna.

Poi ditemi se non sono contemplativa.
auguri e tante ova.
o uovi.
boh.

giovedì 21 aprile 2011

la dieta collettiva.

ho deciso.
dopo pasqua finalmente smetterò di rotolare.
Ho creato una comitiva di donne trentenni con 4 o 5 chili da perdere, ho prescritto a tutte le analisi del sangue generiche (emocromo, colesterolo, tiroide). ero tentata di metterci anche urina e feci ma solo per rendere la vita meno agevole.
(si lo so non sono un dottore ma basta girare la richiesta fatta a me alle altre, no?)
insomma poi ho preso una mezza giornata tutta nostra per gli appuntamenti. ci siamo anche divise i compiti. io porto i fonzies, un'altra la coccacola, poi birrette, confetti al cioccolato, pizza rossa e mozzarella. ci vediamo alle 15:30 dalla dottoressa e stiamo lì fino all'ultima visita, facendo una festicciola di addio alle cellule adipose. distribuirò immagini di donne belle e formose, perchè non è detto che tutte insieme dimagriremo a soddisfazione.
e poi dopo un mese ci rincontriamo tutte lì.
e poi ci frequenteremo anche. "ragazze, tutte da me per l'aperitivo! ho bruscolini e liquirizia amara, thè verde col fruttosio e menta, e fave di fuca!"
ho finalmente trovato un modo divertente di dimagrire.
adesso scappo che mi chiude pitran.

centodieci

oggi ho pochissimo tempo ma non posso non sfogarmi.
la questione è rilevante.
Le realtà imprenditoriali private, in sede di recruitment (che parolone, diciamo in sede di assunzioni), analizzano i curricula per la selezione e poi i colloqui.
e fino a qui tutto bene.
poi scopro che la maggior parte di essi non prende in considerazione i candidati se alla laurea non hanno preso voti altissimi. privilegiati i 110.
ora. Non so chi di voi è andato all'università. Io si. e ho avuto una carriera insolita e ricchissima di paletti e interruzioni. sempre ovviamente volontarie.
ma quelli da 110 me li ricordo benissimo.
Elimino da questo pensiero quelle poche mosche bianche che per indole e per culo, oltre a essere grandi secchioni, sono anche persone normali. cioè di presenza normale, con una vita sociale normale, con una certa elasticità e che ancora e sempre sono in grado di ridere, divertirsi e cazzeggiare.
Elimino anche chi, con le qualità appena elencate, ha anche la grande fortuna di essere particolarmente performante per cui il 110 arriva tipo dono.
MA. tre quarti dei 110, alla mia università erano: 1. rigidi. rigidi, rigidi, rigidi. 2. Ansiosi, ansiosi, ansiosi, ansiosi. 3. Seri, troppo seri, serissimi, seriosissimi.
Quanti ne ho visti incazzati come puma perchè avevano preso 28. ho visto secchioni rifiutare il 29 perchè abbassava la media. Ho visto secchioni non passare compiti, non prestare appunti, non uscire neanche a capodanno.
Se dal punto di vista professionale questa può essere una dote vorrei ricordare che anche la socialità conta in un ambiente professionale.
Inoltre andare male all'università e comunque finirla significa astuzia, elasticità, savoir faire, scaltrezza, capacità di relazione, dialettica ed equilibrio.
Senza contare che poi uno che magari ha preso 98 o magari non si è neanche laureato poi è diventato top manager o miliardario.
Insomma sono qui per scagliare una pietra per tutti quelli che si sono divertiti, magari anche quelli che poi si sono pentiti e si sono messi sotto, per quelli che a causa di qualche problema come la timidezza hanno studiato sempre tanto e non hanno reso. per quelli che si sono fatti le notti a caffè e sigarette per recuperare, per quelli che hanno vissuto la vita e hanno conosciuto l'ozio e poi si sono rimboccati le maniche.
Bravi i 110, ma cazzarola, le persone vanno guardate negli occhi, ascoltate. Vi dico solo che una volta conobbi la moglie di Liebeskind, l'architetto fantamega che ora farà il grattacielo al posto delle twin towers. bene, lei mi disse come faceva i colloqui. partendo con il presupposto di una laurea in architettura, a prescindere dai voti, nei cv guardava solo le attività parallele svolte. e fissava colloqui con le persone che avevano lavorato nei bar, nelle discoteche, come dog sitter e portapizze. non si era mai sbagliata. "e' la luce che hai negli occhi, la brillantezza nella risposta, l'affabilità. il resto si impara.
ci sono i libri, per la tecnica. se sei sveglio impari veloce, se ti sai arrangiare superi gli ostacoli."
adesso sono in attesa di vedere il prescelto 110 che mi si presenterà alla porta. me lo immagino teso, un pò spocchioso, e nel cv non ci sono neanche gli hobbies.

martedì 19 aprile 2011

Botox

Oggi mi sono svegliata di nuovo con la ruga della notte.
Già l’avevo scritto, è una riga orizzontale sullo zigomo. Sembro la sorella di capitan Harlock. Ve lo ricordate? Lui però aveva un segnaccio orizzontale, sulla guancia.
Ormai è sempre più frequente. Oltre a chiedermi come dormo la notte adesso devo anche trovare un rimedio.
Sono passata in profumeria e mi sono comprata un tubetto di acido ialuronico, che dovrebbe fare da filler al solco.
Risultati pari a zero.
Poi incontro donne della mia età che hanno la pelle come le chiappe degli infanti.
Eppure non accennano a un sorriso. Lì per lì mi sono chiesta come mai, con una pelle così, non sono felici.
Io tra la ruga di espressione incazzata tra gli occhi, appena sopra il naso, la ruga della notte e le inevitabili rughette intorno al naso (visto che passo metà della mia vita a ridere) me le guardo, e loro non favellano.
Alla fine mi sono arresa e a tavola con un gruppo folto di conoscenti di un’amica ho tirato fuori il discorso.
Quella davanti a me, con un totale di circa 5 neuroni, mangiava le sue bacche e radici manco fossero una parmigiana di melanzane o una caponata.
Aveva la pelle tipo bambola di porcellana. I capelli biondi coppola e un paio di jeans che valevano quanto metà del mio armadio. Le scarpe di loubutin (speriamo si scriva così, ma ho i miei dubbi) e una magliettina di quelle che se per caso hai un mini rotolino sul fianco non la puoi mettere.
Parlava di quanto era fiera di suo marito, e che nonostante lo amasse molto di fare sesso con lui non se ne parlava. Si concedeva ogni 4 mesi per i sensi di colpa.
Oltre al fatto che trovavo assai strano come lei prendesse davvero sotto gamba i viaggi del consorte in paesi tipo cuba e brasile, mi chiedevo se poteva essere possibile e soprattutto prevedibile avere una persona davanti così curata, griffata, apparentemente acchiappa maschi e fedele e poi scoprire che era solo tutto un bluff.
Insomma se io fossi un uomo non vorrei mai una barbie algida al mio fianco.
Meglio quelle ciacione grassottelle che ridono sguaiate e che vogliono sempre fare l’amore, con tutte le rughe e i rotoli del caso. Tra un cannolo e una pizza alla mortazza.
Comunque, affronto il tema “ritocchino”.
Mi si apre un mondo davanti. Scopro, con la mia migliore amica ancora più basita di me, che siamo le uniche due che ancora si affidano al volto donato dal buon Dio, che si ammorbidisce con il tempo.
Quella davanti a lei inizia a elencare punture e punturine di ogni sorta. I lividi, il dolore, ma poi che gioia. Ci spiega che per le labbra (e pensare che entrambe avevamo pensato fosse solo una piccola reazione allergica alla primavera) invece di usare 4 fiale se n’era fatta iniettare solo una, e che ci ritornava ogni 3 mesi per una rimpolpatina.
Io per reazione mi sono sparata il lucidalabbra di mac con il peperoncino, che non gonfia affatto ma ti fa pizzicare e quindi ti senti un po’ lecciso o nina moric per un quarto d’ora.
La barbie mononeurone davanti a me inizia a tessere le lodi del botox, e di come ti apre lo sguardo, e di come sia assolutamente innocuo.
Io ricordavo bene che si tratta di una sostanza paralizzante, e considerando la mia mimica facciale non avrei potuto neanche prenderlo in considerazione.
“scusa ma non ti paralizza lo sguardo?” lei austera “ma che dici, figurati!” “allora prova ad alzare lo sguardo e diventa un secondo sharpei?”
vedo che alza le palle degli occhi al cielo. Sempre monoespressiva. “no, alza la fronte, corrugati, fai venire le ondine in fronte, fai finta di essere sorpresa… fai una cazzo di espressione qualsiasi!” lei di tutta risposta muove roteando le palle degli occhi e l’unico tratto che si muove sulla faccia sono labbra destra sinistra, palle degli occhi e lingua.
Ecco. A sto punto mi chiedo se queste dementi si rendano conto del danno.
Se sei sharon Stone hai il culo di avere quell’unica espressione più o meno intelligente.
Ma putacaso il tuo sguardo basic è quello del buon pierino sei davvero fottuta.
Lei aveva di basic la faccia da cavolo. Quella che gira un po’ schifata un po’ snob. Con le sopracciglia inerpicate e perfette da ceretta, l’occhio ceruleo e lo zigomone.
Insomma una sorta di renato balestra al femminile.
Non mi trattengo: “ma sei completamente bloccata!”. Lei ride (tra sé e sé, perché ovviamente l’accenno alla risata è piuttosto sforzato data la paresi).
Boh. Ridi pure, tanto non si vede.
Che da una parte potrebbe anche essere positivo.
E allora complimenti, belle ragazze. La verità è che il messaggio non viene filtrato. Perché ti abitui alla totale assenza di segni umani. Le riviste fanno vedere solo primi piani di donne “che valgono” senza rughe di espressione. Poi pesano all’incirca 3 chili e in più le ritoccano così sono ancora meglio. Vi ricordate la pubblicità di NOLITA? Con la modella anoressica che è morta? Beh io porto una 44 e NOLITA non prevede questa taglia.
Nel negozio fashion del quartiere non hanno taglie per me. Neanche fossi obesa.
Quindi poi ci sorprendiamo che questi barattoli pieni di fagioli (intendo le testoline di barbie deficiente) non facciano la fila davanti al chirurgo o a quello dalla siringa facile.
Ma devo dire che la scusa più bella è quella della rinoplastica.
Quante ne ho sentite. “no sai mi devo assolutamente operare perché non respiro bene per niente” “sai, ho finalmente deciso di operarmi perché ho i polipi” “sai, mi opero perché da bambina mi sono rotta il naso”.
Beh. Io il naso me lo sono rotto davvero. Un dolore mostruoso. Le occhiaie viola per una settimana. Non ho mai più respirato come una volta. Ma il solo pensiero di farmi toccare mi fa venire i brividi, per cui mi tengo il naso che ho (che per fortuna non si è deturpato) e respiro con la bocca.
Loro no. Loro si inventano tutte queste scuse e poi tornano in società dopo circa un mese che hanno il nasino alla totò cascio di nuovo cinema paradiso, la fronte paralizzata “già che c’ero” e una pompatina al solo labbro superiore.
Vabbè, dico io, alla fine mi adatto, essendo in minoranza.
Ma ricordate una cosa: con il naso rifatto non ce la farete mai ad avere le narici uguali. E’ inevitabile. Anche solo impercettibilmente una delle due si “sfragna”. Tradotto: sale, scende, si allarga, si stringe.
Comunque parlo facile, visto che non ho ancora 40 anni.
Magari tra qualche anno mi trovate che rimbalzo per le vie dello shopping con una quantità di acido ialuronico silicone e botox.
Un’esplosione di sintetico.

mercoledì 13 aprile 2011

mutui prima casa

Ciao. Lo so.
Il titolo non c'entra niente, ma io ci ho provato. da squallida. ho scoperto, andando sulla sezione "statistiche" del mio blog, che alcuni lettori sono finiti sul mio blog ricercando cose tipo "activia" "regime alimentare" "sciachira". allora da ora in poi inizierò a mettere titoli che se cerchi su google ti esce il mio post. sono proprio una paracula.
le prossime parole saranno:
- viagra
- activia
- somatoline fa male?
- ruby
- perdi peso in tre giorni
- botox.

poi vi informo su quello più cliccato.
i contenuti dei post invece saranno del tutto estranei al titolo...

:-)

martedì 12 aprile 2011

AICHIA (con l'accento sulla seconda i)

Chi di noi non è andato almeno una volta nella vita da aichìa.
Lo scrivo così perché fa tanto fico dirlo alla straniera. Altrimenti posso anche dire icchèa, ighea, o anche ikea.
Innanzitutto: non tutti possono andarci con disinvoltura. Perché non apre succursali ovunque, e per anni, essendo romana, assistevo ad amiche col copripiumone fighissimo che parlavano di questa realtà a me ignota. Loro partivano per spedizioni punitive. A Bologna innanzitutto, poi a Milano. Alla fine ha aperto anche a Roma. E lo smacco è stato che qui ne ha aperte addirittura due. Quindi essendo romana posso anche scegliere. Tiè.
In effetti aichìa è come zara.
Avrò avuto intorno ai venti anni quando una mia amica tornando dalla spagna sfoderava vestiti più che decenti raccontandoci che la canottierina di lycra l’aveva pagata 12 euro. Cose dell’altro mondo. Pensi che sia tutto molto irraggiungibile e prima o poi ti organizzi per avere il copripiumone e le canottiere a 10 euri. Spendendo una fortuna per arrivarci.
Se ne devo trovare un’altra, di cosa simile, mi viene subito in mente Intimissimi.
Quando ero piccola (dire giovane mi sembra davvero troppo impegnativo) mia madre comprava l’abbigliamento intimo in un negozio in centro. Era molto caro ma aveva completini molto carini. Ricordo ancora i brand: occhiverdi, la perla, etc.
Quindi l’abitudine era comprare, al massimo una volta l’anno, un reggiseno bianco, uno nero, uno semmai color carne, e doppia mutandina (tattica, il reggiseno lo riusi e le mutande le lavi). Poi è arrivato intimissimi. Che per il prezzo del tassello di cotone delle mutande della perla ti offre reggiseni e mutande di ogni forma e colore, per cui diventa come passare a comprare un cono gelato. Oggi prendo vaniglia con le fragole e coulotte, domani quello sedano con il tanga segaculo.
E così l’armadio si riempie di abbigliamento intimo di ogni tipologia e colore, e il portafoglio rimane più o meno intatto (più o meno perché alla fine non resisti e ti compri anche la canottiera e la camicia da notte e gli slip senza cuciture che dopo due settimane sono quasi da buttare).
La durata non è eccezionale, perché dopo 4 lavatrici si iniziano a smontare. Perdi un ferretto, il merletto si infeltrisce appena. Ma a 29 e nove va bene così.
Icchèa è così. Ha quelle cose a cui di colpo ti rendi conto che non puoi fare a meno.
Direi che è il caso di fare un giretto virtuale.
Intanto solo i più tenaci riescono ad accedere. Perché prima c’è la guerra per il parcheggio.
Sì, perché da icchea ci si va nel tempo libero. Nel weekend. Quindi ti ritrovi in un carnaio di famiglie numerose e giovani coppie, tutti drogati dalla quantità di roba acquistata o nevrotici che vogliono uccidere i passanti con i carrelli enormi, per parcheggiare.
Poi c’è l’entrata vera e propria. Con le offerte che ti scorrono davanti alla scala mobile. Già lì ti accorgi che senza la BILLY non si vive bene bene. Per niente. Anche perché con meno di 30 euro te la porti a casa.
Poi alla fine della scala ci sono le famose buste gialle. Che la prima volta ti chiedi a che cavolo ti servono e comunque la prendi. In realtà sono reperibili anche quando scendi nel girone pre-cassa, finito l’allestimento delle finte case. E comunque sono furbi perché se la prendi all’inizio comunque riesci a riempirla anche mentre prendi spunto nelle varie stanze.
I salotti sono gremiti di genitori anziani seduti sui divani con le figlie che urlicchiano “questo è propio quello che stavo a cercà, mà, guarda n po’?”
Quello che mi fa più pena, da icchea, sono gli uomini. Trascinati e trascinanti per camere da letto, saloncini, cucine di legno impiallacciato. Le donne sono del tutto infervorate e sembra che debbano comprare tutto. I maschi annuiscono, confusi. “amò guarda n po’ sta cammeretta? Come aa vedi? Si però le tende le mettemo come la stanzetta de debborah, quelle coe paperelle, ehh?” lui è lì. Che a stento trattiene quella bestiolina di debborah che ha circa due anni e rantola smocciolando rossa congestionata sul tappeto. La donna è al nono mese ed è peggio di un caterpillar. Lui ha anche il bustone giallo già carico. Di cosa? Innanzitutto stampelle.
Poi facciamo la lista delle cose che come per miracolo tutti, senza via di fuga, acquistano. E’ una sorta di ipnosi collettiva.
Comunque andiamo avanti. Superate le cucine, dove vedi lei che passa la mano sul bordo del tavolo e apre tutti gli sportelli e quasi quasi fa pure finta di cucinare e lui che col bustone guarda un po’ basito e con aria accondiscendente lei che diventa la regina del soufflé, arrivi ai divani e materassi. Qui la situazione peggiora. Lei costringe lui a sdraiarsi sul materasso e gli chiede anche di molleggiarsi. Lui deve mollare borsello, borsa di lei, bustone e ragazzina impossessata e se poco poco non accenna ad uno slancio viene cazziato “e te pareva, no, che ce devi avè sta faccia! Guarda Ivan che ce demo dormì noi, pure tu sà! Se nu lo provi poi non te devi lamentà. Ma che dici, se lo famo de lattisce?” e nel frattempo zompa su un altro materasso. Lui ha l’occhio pallato al soffitto. E’ già stravolto. Gli viene un po’ da piangere.
Icchèa è geniale, anche perché puoi mollare la ragazzina insopportabile al bebiparchin. Cioè fai solo un’oretta e mezza di fila poi arriva una ragazza gentile che ti infila il pargolo dentro una stanza tipo gabbia piena di giocattoli, ti danno un numeretto e tu lo molli lì per circa un’ora. Inutile dire che le file sono sempre e solo composte da bambini che stanno impazzendo per entrare nel mondo dei giochi, e dai padri che strattonano e minacciano “viè qua papà che mo tocca a noi. Nun toccà papà che poi ce fanno sartà r turno! Falla finita. Falla finita ha detto papà che sennò te corco. Debborah te prego carmate che papà nu je la fa più.”
Dopo aver simulato una mini dormita su tutti i materassi si arriva al mitico PAX. Qui davvero c’è l’apoteosi dell’italianità. La verità è che icchea funziona per chi si organizza da casa. Non per chi va alla ricerca di qualcosa che “amò, ma secondo te sto coso c’entra in verandina? Ma r muro n’era scosceso? Mettete qua, che me pare de ricordà che più o meno t’arrivava qua…”.
E questo è il motivo delle file al punto “i”. dove ci sono quei poracci che si sono fatti anche il corso di formazione su come si tratta il cliente e che il sorriso è la prima cosa. Adesso altrochè. Sono esausti e nervosissimi, non hanno nessuna intenzione di fare veloce per assecondare chi sbatte il piedino in attesa del suo turno.
“signorì, scusi eh, ma volendo sto pacchese se po’ avè su misura?”
qui ci incontri anche le famiglie. I padri, più maturi, e gli uomini in generale, hanno due compiti fondamentali. Anzi tre. Primo: portano la busta gialla e anche il carrello e il carrellone. Poi sono quelli che detengono matitino, metro di carta e foglietto per scrivere scaffale e ripiano. Che poi se si perdono qualche informazione sono cazzi. “hai scritto? Se chiama Bvasdtlf, scaffale disciotto ripiano due.” Lui azzarda “ee misure?” lei si spazientisce “sitte dico bvasdtlf vor dì che c’ha na misura sola, no? Sinnò specificavo!”.
Dopo il mitico pax e le luminarie (“amooo te preeegooo guarda st’applìc! Mo dimme se nun sembra quella der firm!”) l’energia è del tutto finita. Ma quelli di icchea lo sanno eccome. Infatti prima del girone dantesco degli accessori c’è bar e ristorante.
Il menù io lo definisco, invece che à la carte, a rutto. Sì perché qualsiasi cosa ti mangi all’icchea rutti per circa due ore. Il menu riprende le pietanze che poi vendono dopo che hai pagato alle casse, al negozietto.
C’è il salmone alle erbe, la purea, anche la pasta al sugo per i ragazzini. Ma il pezzo forte sono le micro polpette con la marmellata. Te ne mettono a scelta 10, 20 o 50. Gli uomini a quel punto fanno una strage. Questo li rende del tutto narcotizzati per la fase successiva, quella del carrellone.
Io di solito mi prendo anche il cinnamon roll.
Si scendono le scale e c’è l’angolo offerta. Tipo dei micro cuscini completamente inutili a un euro l’uno. Boh. Forse servono da mettere tra le dita dei piedi per lo smalto. O per appoggiare i polsi. Boh.
Ma siccome icchèa è immensa e rischio di scrivere troppo adesso elenco le cose che tutti tutti tutti comprano. Inevitabilmente. A costo poi di buttare gli articoli anche il giorno dopo.

- Come ho detto dopo billy, il re di icchea, c’è la regina stampella. Migliaia di stampelle.
- almeno una volta i piatti. Quelli già in set. Quelli di gres. Che quando poi ci arrivi a casa e provi a mangiarci ti vengono i brividi perché la forchetta (sempre di icchea) a contatto col gres fa il suono del gesso sulla lavagna.
- I bicchieri per il vino, quelli a calice grande. Che si spaccano nella lavastoviglie o comunque se li tocchi un po’ violentemente.
- I tovaglioli. Di tutti i colori, e quelli bianchi di scorta che costano di meno
- Il tapperware. Di ogni forma.
- Le forbicette celesti rosse e gialle di tre misure diverse. Quando le vedi ti accorgi che non puoi vivere senza. E delle volte te le ricompri a prescindere.
- Quelle specie di pinze colorate per chiudere i pacchi da mettere in frigo o nei ripiani. Che sono di due misure e solo dopo ti accorgi che quelli piccoli sono praticamente inutili e sono tantissimi rispetto a quelli grandi
- Lo scolaposate di metallo traforato. Quello ce l’hanno davvero porci e cani.
- Lo spazzolino colorato che scrosta i piatti con la ventosetta alla fine.
- I canovacci e gli asciugamanini arrotolati che trovi mentre scendi le scale per il girone, di scarsa qualità ma che costano 1 euro tre.
- Il disco di legno da mettere a centro tavola che gira. E le donne di solito li toccano tutti perché “amò secondo te qual è mejo? No perché a me mica me fregano che me devo prende quello colla venatura der cazzo…” l’uomo la guarda, rutta laterale sospirando e col dito punta a caso.
- I tappetini per il bagno quelli un po’ pelosi. Ottimo acquisto, quello.
- Almeno un set di pentolini da tre. Occhio perché pare che l’antiaderente che usano non sia meglio delle pentole cinesi. Ma comunque poi vige la cosa: “amò pè sette euri si se roviveno ee buttamo”
- La lampadina per i bambini colorata di gomma, inutile
- Un pelouche qualunque (prima andavano gli orsetti, poi a ruba i sorci, ogni tanto becchi pure qualcuno che si compra l’elefante)
- Il mitico tappeto per i ragazzini con il giochino tipo pista disegnato. “amò te penzi debborah quanto ce gioca coi cugginetti?” in realtà i ragazzini si rompono le palle più di subito
- Le ciotoline e i bicchieri colorati per i ragazzini “così nun ze rompeno quanno famo aa pizzata”
- Il pax
- Il mitico divano tomelilla. Che si sfonda dopo poco ma che comodo è comodo davvero.
- Le lenzuola col copri piumino. E qui si apre un mondo. Prima che capisci icchea hai già speso un botto- a meno che non hai un’amicizia onesta ed esperta che ti blocca prima dell’acquisto. Innanzitutto l’offerta a 19 e nove riguarda solo il copripiumone e due federe. Quindi ti devi ricordare di prendere il sotto, con gli angoli. Poi le federe incluse nel 19 e nove sono per i cuscini dei puffi. Cioè vai a casa e impazzisci e alla fine per non arrenderti infili l’intero cuscino nella federa a tre quarti e dormi di merda, col cuscino che è diventato un marciapiede per quanto è compresso. La verità è che devi comprare anche le federe, separatamente, per comuni mortali. Poi un piccolo appunto sul copri piumino. Noi siamo italiani, abituati alla coperta della nonna, quella di lana, pesante. E alle lenzuola sopra e sotto. Poi arrivi a casa che ti sei presa il piumino e il copri piumino. Perché pensi che è più pratico. Beh al primo tentativo rimpiangi la tradizione italiana. E inizia la lotta per infilarlo. Perché nessuno te lo insegna, che devi mettere il copri piumino al contrario, afferrare gli angoli del piumino e rigirare tutto senza esitazione. Così provi a infilare il piumino dentro. E non ci arrivi, e sudi, e combatti e ti viene la nevrosi. “amò ma che stai a fa?”lei sudata incazzata come un puma “ma che cazz… sto coso come cazz funzionaaaaaa!!” lui si dà alla velocità del suono e solo quando lei non lo sente accenna a un: “a me me pareva tanto na cazzata, mi madre me dice che le lenzola nun so male pe gniente…te sei fissata co sto cazzo de copripiumone mo taa vedi te”
- Un cuscino che comunque si chiama gosa finale (ce ne sono 18mila tipi e se non ti segni il nome non lo ritroverai mai più)
- Il copriletto Indyra. Che costa 19 euro nei giorni buoni. E che usi come copriletto, copri divano tovaglia e tappeto da pic nic. Quello in offerta di solito ha i colori più sfigati.
- Le pile. Di marca assolutamente sconosciuta. Ma ne prendi a pacchi.
- Le candeline tonde. Profumate alla vaniglia o alla rosa o che ne so io.
- Purtroppo molti prendono anche lo specchio osceno sguisci sguosci. Quello ondulato. Come tre onde burine di vetro. Da mettere in salotto? Spero di no.
- Quei sacchettoni che ripieghi il bordo e sono di corda, da mettere in bagno.
- Poi l’ultimo trend… i cestini per la raccolta differenziata. Di tutte le tipologie.

Ovviamente la lista è aperta a suggerimenti.
Poi vai alla cassa. Ora hanno messo le casse che te li passi tu, i colli. Errore. Mica siamo in svezia. Siamo a un’ora da napoli, cazzo. È palese che su trecento cose almeno 5 le fanno passare inosservate. Lo vedi dallo sguardo assassino di lei che ha un tono particolarmente nervoso con lui, che sandalo e calzino non ce la fa veramente più “e daje t’ho detto te sbrighi? Voi mette ee cose nee buste cazzo? Volemo fa notte? Dajeeee”.
Il supplizio è finito. Lui si merita l’hot dog. La bambina esausta dorme col sorcio sotto braccio e lei dà indicazioni su dove e come portare il mega carrellone.
Caricano la macchina stile rom. Lui è sudatissimo. Fuma e lei si incazza.

E se ti accorgi che un pezzo che hai preso non va bene?
“amooooooo! Do stai? Stavo a penzà che nun poi mica guardatte la partita, domani che è sabbato. C’amo 10 giorni pè cambià billy che a debby je piace rosa, e demo annà domani”.

Poi dici che le coppie si sfasciano.

martedì 5 aprile 2011

campanacci e altri espedienti

Una delle mie amichette ha scritto che il mio ultimo post le ha fatto pensare alla storia del campanaccio. e ho deciso di raccontarla, ma la voglio inquadrare in qualcosa di più organico.
Si tratta di cose importanti, che ti segnano per la vita. cosa succede quando hai due genitori più o meno illuminati che vivono in posti diversi e tu sei particolarmente buona.
ovviamente è importante tenere a mente i personaggi.
Il padre: brillante, sempre in fuga dalla famiglia di origine e forse poi pure un pò da quella che si era creata, eclettico, mai stanco, cosmopolita e ridondante di idee.
La madre: bella, bambaciona (termine romano per dire bonacciona), non troppo curiosa, indefessa lavoratrice e godereccia.
La figlia (cioè io): occhiali, naso inesistente, capelli ricci, vociona, stivaletti ortopedici, chiaccherona all'inverosimile, mai un capriccio. quasi finta.
ecco questo il quadro.
Quindi se lui vive a milano e lei a roma, come fanno entrambi a vedere la bimba? E' semplice. La bimba si sposta. così a 2 anni presi il mio primo volo da minore non accompagnata. fu esattamente come me lo descrissero prima di partire. Amore, ora la signorina ti porta sull'aereo, giocate insieme e poi a Milano c'è papà che ti aspetta.
In effetti tutto combaciava, solo che non mi avevano detto:
del cartello a righe rosse e bianche che ti attaccano al collo con dentro il biglietto, il documento di identità, e il tuo nome, cognome etc. Che ti senti una raccomandata vivente. che non puoi prendere l'autobus con gli altri ma la macchina da sola, e che quella macchina delle volte è bruttissima.
e poi i regali dell'alitalia piano piano li avevo accumulati, tanto che i nonni mi dicevano "amore poi quando vai da papà prendi il mazzo di carte che così completiamo i 4 mazzi per la canasta".
La cabina di pilotaggio? visitata e lì per lì mi entusiasmavo pure. dopo i 7 anni però sbuffavo e non mi alzavo neanche. il bello era che stavo quasi sempre in prima fila. e quindi di vips ne ho conosciuti tanti. ora non che sia proprio un onore, ma mi sono fatta una bella chiacchera con bettino, una volta. avevo 5 anni. craxi con l'occhiale rosso. mangiando smarties e parlando di montature di occhiali quei 55 minuti sono volati. L'equipaggio mi riconsegnò a papà ancora ridendo.
poi la cosa diventò più impegnativa.
per raggiungere il genitore eclettico 55 minuti non bastavano più. ce ne vollero 13, di ore. Ammerica. Mostardddda. e dunque a 11 anni mi sparai il primo volo internazionale in solitaria.
Ricordo che feci amicizia con un ragazzino molto carino. ma la madre non volle assolutamente lo scambio dei numeri di telefono. io sapevo che era perchè viaggiavo da sola. ma pensai solo che quella povera donna non stava facendo per niente bene il suo lavoro di genitrice.
fare le cose autonomamente aveva dei pregi, per cui ad esempio il senso di colpa dei genitori li portava a sganciare molto molto di più. nel caso specifico per le 13 ore di volo mi beccai un paio di superga nuove di pacca con i lacci enormi verde smeraldo.
e poi ancora. la vasca a casa di papà non la usavo. per farmi il bagno mi infilava nel lavandino. e poi mi asciugava per terra facendomi rotolare tra mille asciugamani. era tutto divertente. e mi insegnava a mettere la canottiera ben dentro le mutande. poi mamma a casa smontava tutto dicendo che le femmine non lo fanno. la canottiera nelle mutande è roba da maschi.
e poi andavo anche al cinema con l'autista di papà. nel pomeriggio. si perchè io mi annoiavo, e lui lavorava, quindi quel povero ragazzo (e povera me che non sapevo mai cosa dire) mi scarrozzava e alla fine ogni giorno andavamo al cinema.
le cene anche non erano male. quando ancora era a milano mi svuotava la rosetta e la riempiva di salsa di pomodoro e mozzarella. un'esplosione di sugo ovunque, a 4000 gradi. ma che porcata fantastica.
una volta mi diede i soldi per pagare il maestro di sci. si perchè noi abitavamo di fronte alle piste, in montagna. Potevo andare da sola e tornare da sola. avevo circa 6 anni.
così mi disse "mi raccomando, appena lo vedi dagli i soldi che ti ho messo nella taschina della giacca, che sono per lo skypass". Io uscii fiera di questo compito importante. Poi non mi chiedete. a 6 anni ci sono cose inspiegabili per cui a metà discesa notai che i soldini erano belli e spariti. mi prese il panico. ma ebbi un'idea geniale. Così la giornata passò. tornai a casa, come sempre. un pizzichino più infreddolita.
alle cinque però passò il maestro di sci, amico di mio padre. "passavo per vedere come va. tina oggi non è venuta". si girarono verso di me. io mi sentii un attimino nei guai. e seri.
"scusa ma dove sei stata dalle 8 alle due di pomeriggio?" "papà, è che non so come mai ma i soldini erano spariti" "ma dove sei stata?" "lì, seduta". la mia idea geniale fu quella di stare seduta, esattamente dove scoprii di non avere più i soldi, fino a quando dall'alto non fossero arrivate le classi, a fine giornata. avrei risparmiato parole, fatica a scendere e risalire. e comunque non avrei avuto i soldi per lo skypass.
non mi successe nulla. si arrabbiò ma credo che la paura prese il sopravvento.
e le estati in moto, da trial. sempre in montagna. dai topo, andiamo. salta su. papà, non ci riesco! sei sicuro che possiamo andare così? ma certo. tu tieni la bocca chiusa che sennò mangi le mosche, e la gamba dritta mettila così. ok. e così ci facevamo le scampagnate su per le montagne, per tratti scoscesi. il mio papino in jeans e maglietta, e io con i bermudini e il gesso alla gamba destra, dritta e bianca, dall'inguine alla caviglia.
sempre d'estate in motoscafo... che ricordi fantastici. ci piaceva andare veloci, ma io ero leggera quindi eravamo d'accordo. lui avrebbe accelerato ma io mi sarei legata al sedile con una cima. e così facemmo.
poi un giorno, avrò avuto circa 4-5 anni, andammo al mare, a sabaudia, a trovare degli amici.
Io e papà insieme eravamo una forza. montammo la tenda proprio sulla spiaggia, di fronte a casa loro. era bellissimo. il bagno al tramonto, il gelato, la cena. e poi scese la sera. mi misi in pigiamino, sistemammo i sacchi a pelo. eravamo d'accordo. Avrei suonato solo in caso di bisogno, e forte forte. Si, perchè lui avrebbe proseguito la serata con gli amici, io invece ero piccola e dovevo dormire. Così mi appisolai, nella tenda, stringendo forte l'unica cosa che avevo per chiamare papà: un campanaccio da vacca valdostana, enorme, che alla fine fui costretta a suonare.
Lui arrivò subito dopo. "papà, scusa sai, ma devo fare la cacca".

lunedì 4 aprile 2011

Finalmente il sole

essì.
finalmente il sole.
vado a fare canottaggio sul tevere. mi metto in canottiera. sudo. ho il sole negli occhi. che meraviglia. guardo le papere (eh si, il tevere è pieno di papere, alla faccia di chi dice che ci sono solo i topi), vedo coppie di rom che si sbaciucchiano sull'argine del tevere mentre si dividono il bottino della mattinata. ci sono ciclisti, gente che arranca (sarebbero quelli che fanno jogging. poracci, trascinano i loro corponi flaccidi spinti dall'aipod con la musica preferita...). e mentre ero lì a galleggiare e a remare, incidente a parte (mi si è scarrellato il carrello per cui ora ho il culo con i binari), ho pensato che la primavera è stata dirompente.
A rischio di sembrare, anzi di essere, proprio banale... non c'è più la mezza stagione, davvero.
comunque me ne torno a casa così felice del sole che mi ha scaldato tutta. mi faccio la doccia, mi vesto bene e col fidanzo usciamo a pranzo fuori. che giornata ragazzi. mi compro persino 2 borse.
mi dedico a festeggiare il nostro meraviglioso sole, e lo faccio spendendo soldi e mangiando...
torno a casa e mi sento il più banale dei bruciorini alla gola. un raschietto.
oggi alla sveglia mi sento le ossa rotte. le gambe come quelle dello scrittore di misery non deve morire.
vorrei scappare in bagno per controllarmi l'incarnato colorato da primo giorno di sole ma mi sento così pesante...e dolorante... il raschietto si è trasformato in fastidio atomico. come se invece di avere un naso e una gola si fossero fusi in un unico membro, per cui il respiro mi fa male direttamente alle tonsille.
mi provo la febbre. 38 alle 8:43 di mattina.
buongiorno a te, primavera. sono talmente su di giri che mi viene persino la febbre. come i bambini quando sono emozionati o stanchi.

domenica 3 aprile 2011

Inspiegabili

Ci sono cose inspiegabili. Almeno così è nella mia vita ora.
Butto giù una listarella, in questo periodo mi piace andare per punti. Sarà che mi sto conformando alla necessità di fare cose velocemente, in modo sistematico e ordinato…
- quando per non perdere tempo faccio incetta di biglietti del parcheggi, al momento in cui devo grattarne uno scopro che si sono tutti rovinati per cui sono inutilizzabili.
- La voglia di farmi un bagno caldo coincide sempre con la donna di servizio che proprio un’ora prima ha fatto le pulizie di pasqua usando tutta l’acqua calda dello scaldabagno
- Quando decido di partire controllo su internet e trovo i biglietti perfetti, economici e con orario ottimale. Da lì a quando compro le tariffe sono schizzate alle stelle e sia la partenza che il ritorno è intorno alle 7:05 di mattina
- Lo smalto mi si scacca solo quando l’acetone è magicamente evaporato
- Esco con i jeans lunghi con il sole e dopo 7 minuti che sono in strada inizia a piovere tantissimo, così mi si impantano tutti dietro.
- Il taglio che mi fa la parrucchiera è perfetto e ci mette 4 minuti a farmi la piega. A casa ci metto circa un’ora e mezza ed esco che sembro rosy bindi
- Il mascara waterproof mi cola al primo schizzo d’acqua e non se ne va mai più, così vado in giro tipo panda.
- Il riso mi si scuoce sempre, anche quando lo levo dal fuoco crudo
- La carie bastarda e relativo mal di denti si presenta sempre quando nella stessa settimana ho comprato gli stivali della vita indebitandomi. Inutile dire che il dentista deve attendere il mese dopo e vado in giro vestita figa col sorriso sofferto.
- La crema protettiva fallisce sempre in determinati punti strategici: dietro le ginocchia e sul collo dei piedi
- Quando un libro mi prende e non vedo l’ora di leggerlo, ogni sera, e me lo porto ovunque va a finire che me lo perdo e per finirlo mi tocca ricomprarlo
- Tutte le volte che ho la febbre fuori c’è un tempo da film di walt disney, con il sole, le farfalle e i fiori che sbocciano
- A pasqua piove sempre e comunque il tempo è di merda
- Se mi si rompe il motorino a catena mi perdo le chiavi, mi si rompe il manico della borsa preferita, mi arriva l’estratto conto esorbitante e inaspettato dalla banca, litigo al lavoro e col fidanzato, la tinta non mi prende e scivolo sbattendo il nervetto dietro al gomito
- Quando aspetto una telefonata o un sms importante il telefono va in tilt
- Il mio vicino in aereo o è grasso o puzza o ha 2 anni e urla
- Quando decido di mettermi a dieta si materializzano cene e aperitivi 7 giorni su 7 a cui non posso non andare.
- Se sono di fretta le chiavi di casa si smaterializzano e non riesco ad uscire perché non le trovo
- Prima di un evento importante si materializza il brufolone in piena faccia
- Se in casa d’altri inaspettatamente assecondi lo stimolo e usi il bagno non solo per fare la pipì e ti concedi veloce e imbarazzato di lasciarti andare allo stimolo numero 2, subito dopo ti accorgi che in bagno la carta igienica è finita.
- Il capello nel piatto si materializza solo dopo che hai mangiato più della metà della pietanza.