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martedì 10 maggio 2011

lo smalto

Lo smalto

Ci sono diversi tipi di smalto. Quello dei denti, quello per le unghie, quello della vasca da bagno, quello che invece di essere una cosa è una qualità. “quella ragazza ha smalto”.

Partendo dal primo.
Oggi sono stata dal dentista. La cosa era partita perché volevo fare una banale pulizia dei denti, invece ho approfittato per dirgli che ho un dolore atroce da circa 6 mesi, e cioè da quando mi ha devitalizzato un dente. Lui ha come al solito sbuffato. Non l’ho mai visto felice, quell’uomo. Te credo. Vive la maggior parte della sua vita davanti a bocche disastrate, con la luce sintetica e con un copri soffitto orribile fatto a cerchietti di plastica. Anche io sbufferei. E comunque mi dice che il dolore che sento, che parte dalla guancia e arriva al dente, proprio quello lì, non è collegato alla devitalizzazione. Cioè. I casi strani della vita vogliono che mi si infiammi un nervo sulla faccia , all’altezza del sottozigomo, e che il dolore si irradi proprio sul dente devitalizzato, e che tutto abbia inizio subito dopo la devitalizzazione ma la cosa è una pura, purissima, cristallina e banale coincidenza.
Non so perché ma non mi ha convinta. Per cui gli chiedo, dopo aver sbuffato, di riaprirmi la cura canalare. E così ha fatto. Anche esclamando, sempre seccato, “c’è un po’ di pus. Strano.”
Anzi, per ricostruire: sbuffo. Spillo nel dente, scartavetrata, sguardo, frase, sbuffo.
A quel punto ho deciso di rimandare la pulizia dei denti. Perché con una guancia in fiamme e un dente che a seconda delle interpretazioni è vivo o morto (lui dice morto, io dico vivo finchè sento dolore) mi sembra da ipocrita girare col sorriso durbans.
Quindi allo smalto bianco ci si pensa poi.

Secondo.
Non so mettermi lo smalto. Non lo so mettere. Neanche la pellicola protettiva. Anzi mettere la so mettere. Ma poi si scacca tutto. La scorsa settimana avevo fatto le cose per benino. Prima la base, poi due mani di rosso finto scianel, poi una passata di veleno che pare asciughi in fretta tutto. Sono stata circa un quarto d’ora con le manine da focomelica, inerte sul divano e ogni tanto accennavo a una soffiatina. Dopo mezzora iniziavo a muovere i primi passi. Tutto con i polpastrelli, stile Edward Mani di Forbice. E poi ovviamente la mia attività era limitata a poche cose, semplici. Bere, fumare una sigaretta accesa da altri. Vietato toccare capelli, cani, tessuti di qualsiasi natura. Vietato aprire scatole, frugare nella borsa. Anche rispondere al cell aveva i suoi rischi. Innanzitutto è un attimo che ci finisce il capello assassino. Basta un niente e zac. Striscia.
Comunque alla fine appoggiando leggermente le labbra sopra al mignolo facevo il test e poi riprendevo la vita normale. Una piccola distrazione… e via. Pollice con sgommata di smalto, dito medio con smalto opaco, indice con angolo color unghia.
Insomma uno sforzo inutile.

Terzo.
Lo smalto. Quanto odio gli aloni nella vasca da bagno. Ma a casa si diceva che il cif corrode. Quindi panno e acqua bollente e un detergente delicato. E fin qui tutto bene. Poi una volta mi si tappa il lavandino. Questo non lo dimenticherò mai. Avevamo un problema di pendenza dei tubi. Per cui si otturava tutto, dalla cucina al bagno. Un casino. Per cui avevamo trovato la soluzione dei signori che sturano. Arrivano con un marchingegno di aria compressa e sparano a tutta potenza. Solo che per evitare spurghi strani ci dovevamo dividere. Mia madre tappava il lavandino della cucina, io quello del bagno. I signori erano attaccati alla valvola, sempre in cucina. Ci mancava qualcuno che stesse in piedi, sopra lo straccio, nella vasca da bagno. Pensammo di chiedere alla vicina. Una giornalista molto chic, affermata e distinta. Lei si prestò, convinta di perdere i classici 5 minuti. Gli idraulici diedero il via. Si sentì un gran rumore e poi l’esplosione. Non feci in tempo a girarmi che la vasca letteralmente esplose, e la giornalista me la ritrovai completamente zuppa di una melma disgustosa. Anche il soffitto era sporco e io stavo per morire. Ridevo talmente tanto che mi dovetti accasciare a terra per evitare plin plin. Lei accettò le scuse mortificate di mia madre che nel frattempo mi fulminava con lo sguardo e se ne andò, puzzolente e schifosa. A quel punto presi l’iniziativa e versai nel tappo nella vasca uno spurgante doc. ci fu il rigurgito. Lo smalto della vasca venne letteralmente cancellato dalla nostra vita. Mia madre quasi pianse. Alla fine a ripensarci ancora ridiamo.

Quarto.
Mi sa che me lo sono inventato, lo smalto come qualità. Sono una persona insicura così prima di buttare giù qualcosa ho guardato su internet e di smalto come dote non ho trovato nulla.
Ma io mi sento proprio di averlo, quello smalto lì.
Si, sono energica, positiva, molto felice di base. Insomma, una con lo smalto da vendere.
A domani.

3 commenti:

  1. Che smalto di donna, ragazzi :)
    Che bello leggere il tuo blog, mi fa sentire frivola!

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  2. è un crescendo rossiniano. prima dolmen, poi i fastidi e ora gli smalti. hai dimenticato la zanzara che hai smaltato sul muro, però...

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  3. Calzino, che bello ricevere commenti da te. Mi onora.
    Gio, della zanzara infame scriverò domani. Prometto.
    Vi adoro!

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