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lunedì 1 novembre 2010

Il caribe: istruzioni di viaggio

Un giorno mi hanno invitato ai caraibi.
E io ci sono andata.
Solo che un viaggio per il caribe (come dice una di torino che conosco e che solo a ripensarci mi fa venire le coliche renali) non è come andare a frosinone col torpedone.
Per niente. Comporta tutta una serie di adempimenti, neanche a riderci sopra.
Innanzitutto devi trovare il modo per spendere meno possibile per il viaggio.
Quindi inizi a ravanare sul web, mentre chiedi indicazioni alla tua amica che ha una cugina con il tur operator. Non è facile. Volafacile volare web edreams expedia e poi anche OPODO. Che quando mi hanno detto “vai su opodo” mi è venuto spontaneo… “ma vacce tu” con gesto delle corna contestuale.
Alla fine ho trovato un volo fantastico, diretto, per le americhe. Prima nella patria del cisburgher, una notte lì, e poi il viaggio continua dopo una piacevole cena e dormita in un alberghetto a mezza stella in centro.
Quindi compro con la carta di credito. Che mi si interrompe il collegamento internet dopo che ho inserito tutti i numeri e dato invio.
Questa è una ruga in più, ovviamente. Non sai se rifare tutto, oppure chiamare il signor Opodo, o andare dai carabinieri, o mangiarti un bignè e attendere che ti arriva la mail di conferma.
Alla fine ho optato per rifare tutto da capo.
Poi mi hanno detto che per andare negli steits bisogna fare il visto elettronico. “Stai a vedere come non parto” ho pensato.
E ariapri internet, cerca il sito, inserisci tutti i dati, prometti che non sei terrorista e che non hai con te bombe h o non intendi fare una piantagione di oppio, che non sei malato di mente o infanticida, che non sei schizofrenico con il mito dei kamikaze e che non sei un agente segreto in missione segreta, e poi devi mettere di nuovo i numeri della carta perché per promettere che non commetti alcuna forma di atto impuro ti chiedono pure 14 dollari.
Inutile dire che allo schiaccio dell’invio, dopo i numeri della carta, mi si è scollegato di nuovo il pc. Ma tanto dopo aver cacciato 1000 e rotti euro ripetutamente (ricordate, non so ancora se me l’hanno caricato 2 volte) che vuoi che sia una differenza di altri 14 euro?
Quindi poi l’america mi dice che in teoria va tutto bene e che posso anche pensare di andare, quindi mi sembra che sia tutto a posto.
Tutto molto bello. Tradotto ho speso un sacco di soldi e ho ammesso a me stessa e agli americani che non sono una terrorista e che non mi hanno mai condannato per genocidio.
Mi sento già un po’ più figa.
Allora a quel punto preparo la valigia. Parto con l’idea di un trolley da imbarcare a mano.
Mi sembra la soluzione più appropriata, tanto come diceva la torinese del cazzo “nel caribe bastano due costumi e un pareo”. E ha ragione. Anche se lei girava con i tubini neri e i tacchi a tulum.
Intanto sono avvantaggiata perché io non faccio il cambio degli armadi (ndr. Virus e battaglie…), mi vesto a cipolla partendo dal babydoll al moon boot.
E che non lo porto? Il vestitino tanto occupa poco posto. Ah, i parei, e i pantaloni leggeri, un maglioncino, meglio due, un paio di jeans, e le scarpe da ginnastica, e la maschera (le pinne semmai le affitto…) poi mi prendo il kway, e due ponchetti, poi la gonna jeans, e i pantaloncini, e almeno 6 magliette, facciamo 12, e i prendisole, e tre camice da notte che se sudo poi è un casino. La piastra non serve ma il fon sì, poi la crema solare, ma quella non la posso imbarcare…
Dopo circa due ore di leva e metti chiudo la valigia. Una samsonite enorme da imbarcare sperando che non mi facciano pagare il sovraprezzo.
Vabbè ora che mi sono preparata con passaporto (cercato per circa 4 ore con intermezzo di pianto da nervosismo e tazzina spaccata dalla rabbia per il disordine) mi preparo il look da viaggio.
Scarpe culo a pizzo, fuseaux (leggings o come cazzo li chiamate voi che siete in fashion) reggiseno da palestra (il ferretto nei viaggi secondo me è sconsigliabile. Se dormi a conchiglia ripiegata ti si segano le costole). Poi magliettina e maglione largo. Poncho in borsa e sciarpa. Che quando mi sono presentata all’aeroporto sembravo una vecchia che chiede i soldi per i cento giorni a fine liceo. Una poraccia.
La borsa a mano pesa circa 25 chili.
E tra riffe e raffe sono già le tre di notte e l’aereo è a mezzogiorno. Quindi sveglia alle 7. Dormo 4 ore con un occhio chiuso e uno aperto (non si sa mai, se la sveglia non dovesse suonare sono dolori), e di solito metto doppio cuscino così sto scomoda e all’alba mi sveglio. Consiglio: se dovete partire e avete paura di non svegliarvi c’è un rimedio infallibile. Bevete 3 litri d’acqua prima di andare a dormire. Plin Plin vi farà passare una notte a sonno intermittente. Tra uno sciacquone e l’altro.
Poi ti chiama quello del taxi, 10 minuti prima di venirti a prendere. Io di solito prima di rispondere faccio le prove: “pronto pronto pronto pronto”. “prontoo??” con la voce sveglia, fresca come una rosa.
Scendo trafelata col valigione vestita da liceale anziana. Ho un sonno bestia.
Il passaporto lo controllo ogni 7 minuti.
In taxi il tassista vuole chiacchierare. Io dormo con la bolla di moccio al naso. Tanto poi quando arriviamo mi deve svegliare per forza.
Il volo è americano. Terminal 5. Per chi ha letto dante alighieri è tutto più facile. E’ un vero e proprio girone dantesco. Entro e già mi prende male. E’ una sorta di capannone protetto da veri maschi latini con tanto di giubbotto antiproiettile e mitra.
Ovvio che ripenso subito al visto elettronico e sentendomi pulita sorrido entrando.
Dopo circa 1 ora di fila sono infastidita dalle culone americane felici di tornare a casa.
E stiamo solo a che ti controllano il biglietto e ti prendono il valigione.
Poi c’è il metal detector.
Mi levo tutto e levo tutto dalla valigia. Passo e mi perquisiscono. Mi fa schifissimo stare a piedi nudi ma che devo fare, le regole sono regole. E comunque mi suona sempre. Così arriva una che mi tasta in modo superficialissimo. E certo, perché se devo far esplodere l’aereo mi metto le armi e le bombe sui polpacci braccia e busto. Mica dentro al reggiseno e tra le chiappe.
Comunque mentre mi rivesto trafelatissima mi accorgo che c’è un’altra simpatica fila, quella che controlla il passaporto. Ma cazzarola prima che l’ho sfoderato a fare?
Tutti sti controlli mi destabilizzano, guarda se con tutto sto tran tran non me lo perdo, il documento.
Dopo circa 3 ore totali passate nel bunker entro nella parte figa dell’aeroporto. Presso i gates ci sono i negozi. E io adoro le profumerie. Quindi solitamente quando mi fanno aspettare troppo il risultato è devastante. Eppure ogni volta mi riprometto di non fare gli stessi errori.
Inizio col profumo di hermes che non mi posso permettere, poi c’è quello appena uscito che poi scopro fa cagare, e poi quello che ho usato…e piano piano mi tiro su le maniche perché devo trovare spazietti da spruzzare… poi passo alla cosmesi… c’è scianel e scisseido e cristian diò. Mi provo il fard, e il rossetto rosso ciliegia, e il fondotinta ombretto e rimmel viola…
Entro in aereo che puzzo e sembro un mignottone di bassissima leva.
E in più mi viene da vomitare che neanche in mare mosso.
Però non ci dimentichiamo che sto andando al caribe. Quindi emozionata mi siedo. Ho speso già metà del budget per la vacanza al diutifrì: elle, marie claire, il cuscino a forma di ferro di cavallo con pelo, le chipsters e l’acqua, la settimana enigmistica, i pennarelli (non ho saputo resistere), due cd che mi mancavano, le batterie ricaricabili (erano in offerta) e circa 6 pacchetti tra gomme e caramelle.
Mi siedo felice nella poltroncina. Ho chiesto il finestrino. E non me l’hanno dato. Poi arriva la mia vicina. Te pareva. 145 chili solo de panza. Mi chiedo “e mo come te incastri bella mia?” mica vorrà sbordare col braccione sul mio bracciolo? E invece la cicciona si mette in posizione fetale con braccia al petto tipo morta. Meglio così. Ma che mi frega, io ho lo schermino tutto mio. La mia borsa da 30 kg (nel frattempo con gli acquisti in diutifrì m’è cresciuta) in fondo al poncho e il maglione e la sciarpa e due libri c’è il portafoglio. Scopro che le cuffiette sono a pagamento. Un vero dramma. Come cacchio lo prendo ora, il portafoglio? Sono incastrata tra il pachiderma e me stessa…
Alla fine sudata prendo tutto. E scopro che la mia cuffietta si sente solo da un orecchio. Già ho problemi a indossarle, sono quelle esterne con la gommapiuma. Ho le orecchie che dumbo mi fa una pippa e quindi non c’è accenno ad un accostamento al padiglione. Mi sento una cogliona deforme. Quindi mi metto la sciarpa legata stile “il cacciatore” e già va meglio.
Poi passo le prime 2 ore a capire come funziona il telecomando.
Inizia il film e mi servono il prelibato pranzetto. Una melma di colori indefiniti e mi chiedono pollo o lasagna? Famo pollo, è più neutro. Non ho il coraggio di aprire la vaschetta. Mi faccio il più classico del pane e burro. Col sale.
Poi svengo.
Dormo altre 2 ore. A questo punto mi mancano solo altre 6 ore. Poi scopro che il volo diretto era una bufala. Fanno scalo. Credo tecnico ma non è così. Scendo e faccio la fila all’immigration. Mi prendono dati, impronte digitali, foto. Ovvio sorrido e gli chiedo come sono venuta. Il tipo non accenna al sorriso.
Sarà la cera, sono bianca cadaverica.
Ma senza entrare nei dettagli del viaggio la cosa bella, quella in assoluto più bella, è l’effetto pressurizzazione dell’aereo.
Salgo normale, scendo Sora Lella. Due gambe ENORMI. Le caviglie sono come le cosce.
Il ginocchio si piega a stento. I piedi sono come Misery non deve morire.
Dopo che lei gli spacca i piedi col martello.
Cammino come la mia vicina di posto. Mi sento appesantita, e poi ho pure i leggings. Quindi da brava paranoica mi sento l’occhio giudicante addosso. Tutti mi guardano le caviglie. Anzi, le ex caviglie.
Arrivo in albergo stravolta ma non mi arrendo. Con il fidanzato che al contrario di me è bello come il sole e soprattutto ha ancora le caviglie, decidiamo di andare a cena fuori.
Mangiamo di merda con un sonno che ci si porta in gloria. Paghiamo solo 200 dollari. Io piango in bagno.
La mattina mi rendo conto che ancora non ho fatto numero 2, e quindi ci fumiamo una bella sigaretta.
Solo dopo poche ore scopriamo che abbiamo pagato la stanza 100 dollari e ce ne hanno addebitati 300. Chiamo e sono pronta a litigare. Quelli mi dicono “you broke our smoking policy”. Boh che cazzo ne so che vuol dire. Ahhh abbiamo fumato in stanza… non si poteva?
A saperlo me ne andavo al cinque stelle, brutti americani di pupù bacchettoni coi presidenti puttanieri venite a rompere le palle a noi…
Vabbè.
Però ora al caribe.
Un mare che in confronto la piscina del cavalieri hilton è melmosa.
E’ talmente trasparente che per fare plin plin sono arrivata praticamente al reef. Avevo paura che si vedesse e volevo fare quella chic che pipì non la fa in acqua.
Nel caribe poi scopri cose incredibili, perché la natura vince su tutto. Tiraggio compreso.
Mentre scrivo vedo la mia sagoma che riflette sullo schermo del pc.
A battere i tasti potrebbero essere in gruppo i Jackson Five.
Sono una faccia immersa nello zucchero filato (che sarebbero i capelli o quello che ne è rimasto dopo il trattamento).
Adesso però devo interrompere, perché ho il fuso che mi domina, e poi la vacanza è finalmente iniziata. Devo andare a mettermi la crema protettiva. Per fare la figa mi hanno consigliato di disegnare cuori e stelle con la cinquanta e il resto del corpo mettere la sei.
Domani vi dico come viene fuori.

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